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mercoledì 23 luglio 2008

Sulle recenti proteste tibetane



Si discute spesso del Tibet....ricapitoliamo cronologicamente gli eventi. La rivoluzione di Mao aveva portato alla Cina un notevole avanzamento, non soltanto in tema di diritti civili (si potrebbe portare come esempio i progressi nella condizione delle donne), ma anche un sistema economico-sociale certamente molto più avanzato rispetto al passato. Potrei citare i progressi nella lotta alla malnutrizione e all'analfabetismo....Credendo, forse a torto, che i miei lettori/lettrici concordino con me su ciò, non mi dilungherò su questo, e nemmeno sugli errori di Mao, (un vecchio proverbio diceva errare umanum est) primo tra tutti l'autoritarismo e la mancanza di democrazia "dal basso" del suo governo.

Andiamo ora ad esaminare il Tibet pre-invasione. La popolazione viveva in un regime feudale (o semi-feudale) guidato da una teocrazia. Il paese viveva di fatto chiuso ad ogni influenza esterna. Il grado d'indipendenza di cui disponeva è discusso, la mia personale opinione è che si trattasse comunque di uno "stato cliente" della Cina. Così infatti agli inizi del secolo scorso veniva considerato dal vicerè inglese dell'India. Esisteva un trattato anglo-cinese del 1893 che concedeva alla Gran Bretagna alcuni diritti commerciali e stabiliva i confini tibetani rispetto ai territori del vicereame inglese dell'India. Un'incursione di truppe inglesi, nel 1903 stabilì una provvisoria (e formale?) indipendenza tibetana, sotto controllo inglese, in funzione anti-cinese. Ma, dopo varie vicissitudini diplomatiche, nelle quali si inserì anche la Russia zarista, si arrivò all'occupazione del Tibet da parte delle truppe cinesi nel 1910. Ma, di lì a poco, con la dichiarazione della repubblica, si creò la paradossale situazione delle truppe cinesi che si ammutinarono, vennero espulse.... e il Tibet proclamò la propria indipendenza...che non venne però mai ratificata dal governo cinese. Arriviamo così al 1950, "conquista del Tibet da parte cinese".

Inizialmente essa, sia pure -in astratto- condannabile come aggressione ad uno stato (forse)estero, e comunque (almeno formalmente?) indipendente, portò giovamento alla popolazione tibetana.

I monaci vennero privati del potere assoluto che detenevano, le terre collettivizzate, e arrivarono i primi segni di qualche modernità. Arriverei persino a congetturare che le stesse masse tibetane sostenessero inizialmente almeno in parte l'occupazione cinese.....almeno per i vantaggi che, in un primo momento ne sarebbero derivati. In seguito però il governo cinese non dimostrò alcuna volontà di rispettare le specificità culturali tibetane (si potrebbe portare ad esempio la pretesa di Pechino di avere persone gradite al governo nelle cariche religiose).La Cina trattò inoltre il Tibet come un territorio straniero sotto occupazione, non come una parte del suo stato (infatti sembra che si verificò una sorta di "importazione dei funzionari").

La situazione generale cinese (e di conseguenza anche la situazione tibetana) peggiorò dopo la morte di Mao, quando i suoi successori eliminarono progressivamente molte delle conquiste sociali della rivoluzione (e al riguardo citerò il progressivo ritorno all'economia di mercato).

L'esilio in India ha fatto comunque progredire il Dalai Lama e la sua corte che, - oggi- (almeno ufficialmente) non cercano più di ritornare al potere, ma reclamano solo una maggiore autonomia del Tibet (specialmente in campi "culturali") da Pechino. Va anche riconosciuto il ruolo che ebbero nel veicolare presso le masse occidentali idee fino ad allora malconosciute, e semmai diffuse solo in ambiti elitari. Sui recenti scontri bisognerà dire innanzitutto che, data l'assenza di giornalisti sul posto, le notizie che filtrano lasciano un grande spazio alle più diverse ipotesi. Tutti noi dovremmo sforzarci di riconoscere che possiamo avvalerci solo di notizie di "terza o quarta mano", con tutto ciò che ne deriva.

In fin dei conti non sappiamo con certezza quanto il Dalai Lama sia realmente dietro ai recenti tumulti che, in fondo potrebbero rivelarsi sostanzialmente mossi da altri moventi e con altre ragioni (economiche etc.).

Ragioniamo:anche se la scintilla che ha infiammato gli scontri sembra sia stata originata in "spazi religiosi", ( si parla di una marcia di monaci) non ci sarebbe stato un "tumulto così grande" se non fosse esistito un clima di scontentezza certo non solamente legato a tematiche culturali. Noto però che è comunque in corso un tentativo (principalmente Usa) di strumentalizzare il Dalai Lama(anche oltre quello che lui stesso dice e vuole) in funzione anticinese. Questo potrebbe -in un futuro- prendere anche un'altro aspetto. Il Dalai Lama potrebbe essere usato, in futuro, dall'"occidente"-se la protesta va avanti- per impedire una radicalizzazione della situazione, che potrebbe a sua volta innescare altre rivolte ed altri conflitti nell'area himalayana ricordiamo ad es. gli sviluppi in corso in Nepal .....Va comunque ricordato come, dato il seguito del Dalai Lama in occidente, sostenerlo -da parte della Rice- è anche una mossa di politica interna, specialmente negli Usa dove si avvicinano le elezioni.

Certamente non posso che esprimermi per il sostegno alle le masse tibetane in lotta, auspicando al tempo stesso una radicalizzazione del movimento, ovvero che venga steso, da parte loro, un programma rivoluzionario basato sul ritorno all'economia di piano, questa volta sotto il democratico controllo da parte della popolazione. Certamente mi auguro la loro autonomia, non che passino da una dominazione all'altra, e quindi non un'indipendenza politica (probabilmente) non voluta nemmeno da loro....suggerirei quindi, la formula-slogan per un programma: Unione delle repubbliche socialiste cinesi (che un domani includa anche Taiwan).


Gianluca Angeli

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