посетителей

mercoledì 29 ottobre 2008

Approvato decreto Gelmini: Ora Inizia La Lotta


L'approvazione del Dl Gelmini oggi al Senato non fermerà le nostre lotte, che sono ancora tantissime e determinate. C'è in discussione alla Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei Deputati un disegno di legge, presentato dal presidente Aprea, che vuole distruggere definitivamente ciò che resta di pubblico nel sistema di istruzione italiana. Agli studenti che protestano con noi chiediamo di continuare a lottare, di resistere e di vigilare. I molti fascisti che stanno tentando di infiltrarsi nei cortei (da ultimo oggi al Senato), con la polizia che lascia fare (che abbia ricevuto ordini superiori?) dimostrano che c'è un tentativo del governo di criminalizzare il movimento. E chi sa che questa criminalizzazione non passi anche spingendo qualche fascistello a inserirsi per provocare disordini.

domenica 26 ottobre 2008

Il personaggio: Gianfranco Fini


Gianfranco Fini nasce a Bologna nel 1952. Il nome Gianfranco viene scelto per ricordare un cugino ucciso dai partigiani. Nonostate il padre sia comunista, si avvicina al Movimento Sociale Italiano in giovane età, dove farà carriera e diventerà il segretario del Fronte della Gioventù essendo stato scelto direttamente da Almirante (si, quello che scriveva su un manifesto della RSI "tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuorilegge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena", al quale vogliono dedicare una via...). Morto Almirante, e dimenticandosi le lodi sperticate al fascismo, diventa ben presto il segretario dell'MSI, che conduce alla cosiddetta Svolta di Fiuggi, dove cambierà il nome del partito in Alleanza Nazionale ed abbraccerà l'antifascismo (nonostante nello stesso anno dichiari:" Il duce è stato un esempio di amore per la propria terra e la propria gente, un giorno l'Italia lo dovrà riabilitare e insieme a Cavour, Mazzini e Garibaldi, anche a lui saranno intitolate piazze e monumenti"). Da qui la sua storia politica si legherà a quella di Berlusconi (ed in misura minore a quella di Bossi e Casini). Partecipa ai governi Berlusconi II e III, non senza attriti con il secessionismo di Bossi, ma durante i due recenti anni di governo Prodi comincia a rompere con un Berlusconi non più in giovane età nonostante i lifting, che propone per rilanciare la sua immagine legata all'immancabile nuovismo (malattia della politica odierna) di fondare un nuovo partito: cominciano le dichiarazioni pesanti ("Alla fine io sono sicuro che Berlusconi riuscirò a farlo ragionare. Perché è un uomo con una scala di valori molto rigida e al primo posto c'è l'interesse personale. Per cui basterà minacciare di colpirlo sulla riforma delle tv" citato in Francesco Bei, La rabbia di Fini "Ferito dal Cavaliere", la Repubblica, 16 novembre 2007; e poi: "Comportarsi nel modo in cui sta facendo Berlusconi non ha niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere alle comiche finali. Da queste mie parole, volutamente molto nette, voglio che sia a tutti chiaro che, almeno per quello che riguarda il presidente di An, non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi" dal discorso all'assemblea di AN riunita a Roma all'Ergife, 9 dicembre 2007; e poi ancora: "Il Cavaliere ha fatto tutto da sé. Ha messo in piedi i Circoli della libertà con la Brambilla. Poi ha creato il Partito della libertà senza neanche avvertire i suoi amici di Forza Italia, quindi ha distrutto la Cdl. Conclusi i giochi, a regole scritte (alla stesura delle quali non siamo stati chiamati a partecipare) dovremmo bussare alla sua porta col cappello in mano e la cenere sulla testa? Non siamo postulanti.[...] Sono il presidente di An, non una pecora"). Fini, caduto il governo Prodi dopo il ritiro della fiducia da parte di Mastella, scopre il suo amore per gli ovini e decide di accordarsi con Berlusconi, dimenticandosi completamente di quello che pochi mesi prima aveva dichiarato, molto probabilmente alla ricerca del posto di successore dello stesso Berlusconi (come "migliore" tradizione politica italiana insegna), e forma con il Cavaliere un nuovo soggetto politico (il "Popolo della libertà") programmando il congresso di AN, che dovrebbe sancire il suo scioglimento nel nuovo soggetto politico (a meno che non cambi nuovamente idea... questo è ancora da vedere). Vinte le elezioni del 13 e 14 aprile diventa Presidente della Camera e solo un giorno dopo il suo insediamento dichiara (riferendosi sia alla manifestazione dei centri sociali a Torino contro le politiche di Israele, sia all'omicidio di Nicola Tommasoli, pestato fino alla morte da alcuni naziskin) che l'episodio di Torino è molto più grave perché "non è la prima volta che frange della sinistra radicale danno vita ad azioni contro Israele che cercano di giustificare con una politica antisionista”, come se una manifestazione contro le politiche di uno stato (o meglio, in sostegno di un altro stato, quello dei Palestinesi) sia meno grave di un ragazzo ammazzato dalle botte da un gruppo di naziskin. Mi auguro soltanto che Fini cambi idea anche su questo punto.


Tazza

giovedì 23 ottobre 2008

L'unità della resistenza: il punto di vista comunista


Le forze di cui disponeva la Resistenza erano
certamente non omogenee sul piano politico.
Una buona parte dello spettro politico del
tempo trovava, sia pure in proporzioni diverse,
la sua rappresentazione. Si andava da certi settori
di monarchici, (specialmente dopo l'8 Settembre)
passando dai liberali, da organismi democratico-
borghesi, fino ai socialisti, ai comunisti
e persino agli anarchici. In modo abbastanza
schematico, potrei, senza nessuna pretesa di
essere esauriente ricordare come, accanto a
coloro che arrivarono alla Resistenza seguendo
un ben preciso itinerario ideologico di militanza
nei partiti messi fuori legge dal fascismo, si
potessero trovare anche molti giovani per i
quali la scelta antifascista derivava da proprie
esperienze personali, e segnava la propria maturità
interiore. Questo rende l'idea della varietà
della composizione umana dei partigiani,
anche se certamente corre i rischi tipici di tutte
le schematizzazioni, ossia quelli di generalizzare
astrattamente fenomeni ben più complessi.
Al momento del ritorno di Togliatti dall'esilio,
Marzo 1944, i comunisti collaboravano si, con
le altre forze della resistenza, ma solo, per così
dire, nell'immediato. La prospettiva della rivoluzione
socialista, sentita come prossima a venire,
portava a considerare le altre forze antifasciste
un po' come il nemico di domani, dal
quale si pensava occorresse mantenere le distanze.
In ogni caso, il settarismo di Bordiga aveva
lasciato il segno, portando il partito a considerare
con sospetto ogni organismo esterno.
Qui occorre una digressione cronologica; su come
il PCI si sia rapportato alle altre forze antifasciste,
dall'avvento al potere del fascismo, fino a
quella che passerà alla storia come "la svolta di
Salerno". Per ridurre ( e condurre) il discorso
ad un esempio estremo, ricorderò lo scetticismo
(per non dir peggio)del partito di fronte al
fenomeno (schiettamente popolare) dei cosiddetti
"Arditi del Popolo"la cui composizione politica,
(socialisti, comunisti, anarchici) era comunque
più omogenea di quella che avrebbe
preso le armi contro il fascismo in seguito. Ma
nel frattempo, tra le altre cose, c'era stata la lezione
della guerra civile spagnola, essenziale nella
formazione di Togliatti, che aveva, a prescindere
dagli esiti, e dalle problematiche irrisolte
che poneva, mostrato l' imprescindibilità della
collaborazione antifascista di forze politiche eterogenee.
Dal punto di vista ideologico, il terreno
era stato preparato sia dal lavoro di Gramsci,
(necessità di una battaglia di egemonia all'interno
della società civile) sia dalle conclusioni
del settimo congresso del l'Internazionale Comunista
del 1935, dove era stata analizzata ideologicamente
la necessità di fronti popolari antifascisti
comprendenti anche forze democraticoborghesi.
Il risultato più”formale” nell'immediato
fu l'entrata di Togliatti nel governo Badoglio.
Togliatti insistè per far sì che il fronte di unità
nazionale si mantenesse il più a lungo possibile
anche nel dopo-Liberazione, (e che poi l'inevitabile
scontro si mantenesse nei binari delle norme
costituzionali) evitando così il ripetersi della
situazione della Grecia, dove, all'indomani della
liberazione, le divergenze tra gli antifascisti sfociarono
in scontro aperto. Con i risultati che
sappiamo.Ancora oggi, l'ANPI cerca di portare
avanti gli ideali dell'antifascismo nello spirito unitario
di “fronte popolare” che caratterizzò la
Resistenza.

Gianluca Angeli

N.b. Rimando, per approfondimenti, il lettore o
la lettrice ai primi capitoli dell'opera: “Storia
d'Italia dal dopoguerra ad oggi” di P.Ginsburg.

Resistenza e antifascismo

Conosciamo davvero il passato che ci ha preceduti?
Siamo veramente in grado di poter spiegare
l’essenza che sta alla base di semplici parole
come “Resistenza”, “Partigiano”,
“Antifascismo”?

Come la maggior parte di voi ero certa delle mie conoscenze su questo argomento, ma mi sbagliavo.
Dopo accurate ricerche, motivate dalla voglia di comprendere ciò che realmente c’è stato in passato, mi sono imbattuta su un aspetto della “Resistenza” che mi ha colpito molto; Possiamo definirlo più in generale come un pugno di uomini che hanno avuto come obiettivo la liberazione del nostro paese da un regime dittatoriale, ma il significato vero di questa parola è tutt’altro.
Riflettendo a fondo troviamo grandi uomini così diversi politicamente ( anarchici, comunisti, socialisti, azionisti, liberali, cattolici ), che sono riusciti a formare un gruppo di persone che hanno avuto come unico scopo la liberazione della patria da un regime fascista che è stato totalitario e subdolo.
Questa gente si è buttata alle spalle la loro diversità e rivalità, e sono riusciti nel loro obbiettivo
senza quella confusione generale che oggi vediamo ogni giorno nella nostra politica.
Mi chiedo perché non si possa trasferire la forza e la volontà degli uomini del nostro passato
adesso. Vedo sfaldamenti di partiti, pregiudizi e brutali mosse politiche finalizzate alla tutela
della propria persona invece che eseguite per il benessere di un’intera nazione.
Come siamo riusciti ad arrivare a questo punto?
Davvero il “Passato” non ha insegnato nulla?
Forse sta accadendo tutto ciò perché per qualche motivo non siamo riusciti a tramandare a
fondo il vero significato e lo sforzo della Resistenza partigiana.
Potremmo imputare la causa anche agli avvenimenti
che sono successi nel dopoguerra: c’è stato un degenero totale in quanto ogni fazione
politica, che aveva partecipato al movimento antifascista, ha preteso una grande fetta di importanza in campo politico, permettendo così che il “vero” pensiero partigiano si frantumasse.
Siamo arrivati a un punto dove si vede veramente questa rottura politica. A mio avviso sarebbe necessario che le forze democratiche ritrovassero la loro vocazione antifascista nell’agire quotidiano, invece di dare più importanza a cose paragonabilmente inferiori.
Riflettendo non siamo riusciti ad avere rispetto per lo sforzo enorme
che hanno fatto i nostri compagni caduti per portare un poco di libertà nel nostro paese.
Bisogna tramandare il giusto valore della libertà e cercare, al meglio di noi stessi, di trasformarlo
in realtà sociale senza la presenza di false maschere e con la stessa determinazione dei nostri
partigiani nell’aiutare la nostra nazione.

crash25

giovedì 16 ottobre 2008

Leggi ad personam

È ormai risaputo che nelle legislazioni passate, ma anche in quella attuale, siano stati proposti e approvati provvedimenti di legge o atti a essa equiparati, contestati in quanto sembrano stati emanati col preciso intendo di favorire determinate persone (il più delle volte lo stesso Silvio Berlusconi).Alcuni esempi posso rendere meglio l’idea di quanto detto: la depenalizzazione del falso in bilancio, la legge sulle rogatorie, le riduzioni dei termini di prescrizione. Questi provvedimenti che talvolta hanno tutte le carte in regola per darci un’idea del modo quasi personalistico di come viene gestito il potere, non sono sotterfugi per i quali ci sia bisogno di entrare nei meandri dei provvedimenti, emendamenti ecc. per rintracciarli: bene o male la popolazione ne è al corrente, anche se grazie più ad alcuni singoli giornalisti che all’informazione pubblica.Tuttavia più che fare un’analisi tecnica di questi provvedimenti vorrei cercare di focalizzare l’attenzione su come essi sono stati recepiti dall’elettorato.Sarà per la mia ingenuità, ma quando sentivo in giro che alcuni giustificavano l’efficacia di queste leggi, pensavo che fosse per una mancanza di informazioni a riguardo, invece ho notato che spesso non è così:la gente conosce quali sono gli effetti delle leggi blocca processi, della riduzione delle prescrizioni ecc. e arriva a giustificare un capo di governo che fa “il suo interesse” nel ruolo in cui si trova.Tutto ciò è simbolo della degenerazione del termine “politica”: l’uomo comune possiede una sempre più generalizzata concezione “privatistica” della politica nel senso che l’elettore appoggia, giustifica e vota colui che fa il suo proprio interesse economico. Non è tutto: ultimamente, l’uomo comune è arrivato a giustificare che nella politica tutti facciano solo il proprio interesse e non quello di una collettività, per questo si pensa che Berlusconi sia legittimato a tutelarsi sfruttando il posto che ricopre. Siamo arrivati a quello che non posso far altro che definire come un “egoismo altruista”: per quanto possa apparire paradossale il radicarsi della concezione privatistica in ambito economico e politico nonché sociale, sta portando la popolazione a chiudersi, a fare solo il proprio interesse, ad appoggiare posizioni sempre più conservatrici, ad asserragliarsi nel bisogno di sicurezza tanto da giustificare tutti a pensarla così. Sicuramente anche la sinistra ha le sue colpe, tornando all’esempio che ho fatto all’inizio, è noto che l’opposizione non è mai riuscita, nemmeno quando poi è andata a governare, a porre un freno a questa degenerazione; emblematico è il caso del provvedimento sul conflitto di interessi che ancora non è stato emanato, ma non solo: talvolta alcuni esponenti della sinistra hanno collaborato nel proporre simili oscenità giuridiche. Non possiamo far altro che guardare in faccia la realtà, visto che alla base di tutto ciò, si ripresenta inevitabilmente il perduto contatto con le masse, è certo che una eventuale legge che fermasse il proliferare di questi atti ad personam sarebbe stata ed è tutt’ora necessaria. Per far si che sia la stessa popolazione a mostrare il proprio dissenso è necessario andare alla base del problema, risolvere anche le questioni legate al lavoro, dare risposte concrete a chi ha bisogno che una parte politica li rappresenti concretamente.

Così facendo si potrebbe ricreare quella base sociale militante che, quando c’è bisogno di lottare (e di ricordare che in un paese democratico non è accettabile che un capo di governo con atti di diritto pubblico, risolva questioni private) ti segua in massa e, allora qualcosa potrebbe cambiare.

Asesino

Gladio

In questo numero vi voglio parlare di un organizzazione clandestina di cui molti non conoscono l'esistenza , il suo nome è Gladio.

Essa è stata attiva praticamente in tutti i paesi dell'Europa occidentale ma lo è stata ancor di più nel nostro paese.

Con la fine della seconda guerra mondiale e l'inizio della guerra fredda gli Stati Uniti temevano che l'Unione Sovietica potesse esportare il suo modello di stato nel resto d'Europa, così fù creata Gladio.

Tale organizzazione non si limitava solamente allo spionaggio, ma avrebbe compiuto anche attentati e simili operazioni rivendicate sotto falsa bandiera per fomentare divisioni politiche e attacchi terroristici.

Personaggi chiave nell'organizzazione furono Gehlen Org un'ex criminale nazista (e di tali individui la Gladio era piena) e Allen Dulles fondatore della Cia che avrebbe finanziato l'organizzazione.

Nel nostro paese Gladio arriva nel 1956 grazie ad un intesa fra i servizi segreti italiani e statunitensi , compito dell'organizzazione nel nostro paese era far si che il comunismo non arrivasse mai al governo.

Tale organizzazione è rimasta nascosta fino alla caduta dell' Unione Sovietica, difatti nel 1990 Giulio Andreotti rivelò alla Camera dei Deputati l'esistenza di Gladio , di cui egli conosceva l'esistenza in quanto tutelava la sua forza politica dal comunismo.

Successivamente Luigi Tagliamonte,capo dell’ufficio programmazione e bilancio del comando generale dell’Arma dei Carabinieri dichiarò « Sapevo che presso il Cag (il Centro addestramento guastatori di Punta Poglina vicino a Capo Marrargiu - Alghero SS) si effettuavano dei corsi di addestramento alla guerriglia, al sabotaggio, all’uso degli esplosivi al fine di impiegare le persone addestrate in caso di sovvertimenti di piazza, in caso che il PCI avesse preso il potere ».

Sicuramente quanto afferma Tagliamonte è gravissimo; il Pci sarebbe stato danneggiato se fosse arrivato al potere, e chissà se anche in Italia non siano stati organizzati attentati sotto falsa bandiera allo scopo di mettere in cattiva luce il comunismo, non sarebbe scandaloso pensare che qualcuno degli episodi degli anni di piombo fosse riconducibile a tale movimento, d'altronde su tali episodi ci sono mille misteri e cose che tornano decisamente poco.

Tale tesi potrebbe essere supportata dal fatto che Antonino Arconte (ex membro di Gladio) nel suo libro “L’ultima missione” arriva a dichiarare "Chi dava gli ordini al comandante di Gladio era Aldo Moro, ed è stato ammazzato, ma pochi mesi prima di farlo hanno destituito il nostro generale Miceli. Solo una coincidenza? E a noi, una volta entrati in possesso dei nostri codici, proprio in quel periodo ci mandavano in giro in missioni senza senso, solo per farci ammazzare, per eliminarci. ".

Ora non è mia intenzione prendere per buono tutto ciò che dice Arconte (che sembra conoscere tutte le questioni del mondo da quello che dice) però quel che è certo è che tale organizzazione nel nostro paese abbia avuto un ruolo molto più rilevante di quanto pensiamo e il Pci o comunque chi la pensa come noi sia stato ampiamente danneggiato da ciò che tale organizzazione faceva o chissà magari fa ancora.


M.

lunedì 6 ottobre 2008

Rivendicazioni operaie alla “Pasticceria Leonardo"

“Come mai, come mai, sempre in culo agli operai” questo divertente quanto significativo ritornello risulta veritiero per i comunisti come noi che della lotta di classe fanno una ragione di vita. Purtroppo attualmente il panorama del mondo del lavoro risulta differente rispetto al passato e i rapporti di produzione a distanza di anni rimangono sostanzialmente immutati.
Non dobbiamo ricorrere agli esempi degli scioperi londinesi di inizio ottocento nè alle occupazioni
torinesi durante il biennio rosso, il clima di sfruttamento permane anche ai giorni nostri.
Per quanto riguarda il nostro territorio basta guardare ai recenti scioperi sostenuti da Luglio
ad Agosto dagli operai della “Pasticceria Leonardo” di Mercatale in contrasto con la avidità
dirigenziale a proposito della piattaforma sindacale proposta dalla RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria).
Per chi non lo sapesse la “Pasticceria Leonardo” produce a livello industriale
decine di migliaia di croissant da distribuire in tutta Italia (autogrill in primis).
La proprietà di quest'azienda è in mano alla famiglia Bagnoli, nota proprietaria
dell'impero Sammontana ( terza produttrice di gelati a livello nazionale dopo Algida e Motta
legate a multinazionali come la Nestlè).
Non stiamo parlando quindi di noccioline ma di bilanci ingenti con svariati zeri.

Il dissidio è nato in Giugno, al termine dei cinque anni nei quali
l'azienda aveva chiesto agli operai di non fare richieste, perchè si sarebbero dovuti ammortizzare
i costi sorti dall'acquisto del nuovo capannone industriale, più grande e più efficiente
del precedente. Insomma “teniamo duro tutti assieme e i frutti della nostra pazienza li raccoglieremo in futuro”. Alla scadenza l'RSU si è presentato negli uffici dirigenziali con la proposta di un'aumento del premio di produzione annuo
(il consolidamento dello stipendio era già da allora fuori discussione) chiedendo ai responsabili
aziendali di mantenere le promesse fatte. La storia ci insegna a riguardo che le promesse
degli imprenditori sono da marinai e anche stavolta questo finale si è ripetuto. La dirigenza
aveva infatti appena aquistato per la modica cifra di 190 milioni di euro le famose aziende
Samson e Tre Marie, sostanzialmente per togliersi parte della concorrenza
sul mercato. I detti “non c'è trippa per gatti” e “becchi e bastonati” descrivevano perfettamente
il clima percepito in quel di Mercatale.
Stavolta però il cinismo dirigenziale aveva superato ogni limite e il malessere
operaio si tramutò in azione: fù così che l'RSU proclamò una serie di scioperi a scacchiera
da eseguire in sequenze sempre più strette. L'adesione è stata numerosa, pochi crumiri e tanta la
determinazione.
Le infami minacce di non rinnovo del contratto agli stagionali (circa il 15% della forza lavoro totale) non ebbero gli effetti voluti: gli stagionali stessi si schierarono in prima fila davanti al resto degli scioperanti, inveendo contro la tirannia imprenditoriale.
Se tanta fù l'unità di spirito operaio, tanto inaspettati furono i risvolti che la vicenda
prese. Quando il gioco si fà duro i duri cominciano a giocare, e fù così che l'azienda fece
scendere in campo il consulente aziendale di turno, mastino del padrone, cinico inflessibile,
preparato al punto di non concedere la minima briciola ai sindacalisti. E se a questo aggiungiamo
anche gli scontri e i dissidi che si sono verificati all'interno del RSU durante le trattative, il
risultato che otteniamo è un esiguo premio di produzione di appena mille euro al raggingimento
di un incremento del 3% .
Insomma un contentino irrisorio che fà contento soltanto il padrone e che lascia invece l'amaro in bocca ai disillusi operai. Tutta questa vicenda è significativa a proposito di ciò che gli operai devono vivere giorno per giorno. In queste situazioni si tende sempre di più ad incolpare i sindacati, inveendo contro i sindacalisti e strappando le tessere.
Cgil, Cisl, Uil hanno le loro gravose colpe (se la coscienza di classe non è più concepita, la
colpa è da attribuirsi, oltre che ai partiti politici di CENTRO-sinistra, anche alla dirigenza delle
strutture sindacali della classe operaia) ma la recente tendenza ad affidarsi a singoli che, sotto
l'ala di avvocati stipendiati, suppliscano a questo ruolo, è deleteria in quanto tende ad allontanare,
non a ricreare, la necessaria coscienza di classe. I cambiamenti devono essere fatti dall'interno
del sindacato, affinchè la linea sindacale riscuota i successi conquistati in passato, quando
la Cgil era un punto di riferimento della classe operaia. L'impegno per un cambiamento rivoluzionario dell'esistente non deve mai venire meno, l'apatia è dannosa alla lotta di classe.

Pinche

LO SCOMODO 3° Numero

Questi primi tempi di nuovo governo Berlusconi ci hanno rivelato un'incredibile
xenofobia purtroppo radicata in molti cittadini. Gli episodi degli incendi ai campi
rom costituiscano un segno grave che non possiamo sottovalutare. Le misure rerepressive
prese dal governo (impiego dell'esercito e simili) rischiano di rivolgersi
contro la classe operaia ed è precisamente in quest'ottica che sono state concepite.
In tutti i campi assistiamo a provvedimenti decisamente di destra,e della
più retrograda. Come la reintroduzione della valutazione della condotta degli
studenti. La classe operaia appare divisa, senza guida. Ma abbiamo avuto anche
qualche segnale positivo: non possiamo che apprezzare il recente esito del congresso
di Rifondazione. Anche il nostro partito ha affrontato un congresso con
risultati che lo dimostrano sostanzialmente compatto, e che chiariscano la forte
volontà di superare i settarismi e di dar vita ad un soggetto unico che possa organizzare
le prossime lotte della classe lavoratrice. Questo autunno sarà veramente
caldo....

Indice:
Rivendicazioni operaie 2

Leggi ad personam
La specialità del cavaliere 3

Gladio
Storia segreta 4

Resistenza e antifascismo 5

L’unità della resistenza
Il punto di vista comunista 6

Il personaggio
Gianfranco Fini 7

Tag Board