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martedì 16 dicembre 2008

Riflessioni sull ordine sociale moderno




Ciò che contraddistingue l’uomo dagli altri animali è la sua capacità (o bisogno) di organizzarsi in strutture sociali più o meno ordinate, dalla tribù, al sistema della democrazia oligarchica delle città stato e della res publica, passando per l’impero e il sistema feudale, fino alla democrazia liberale-borghese dei giorni nostri.
E’ chiaro che ognuno di questi singoli sistemi abbia caratteristiche differenti.

Il sistema con cui l’uomo primitivo cercò di organizzarsi era un sistema basato sui ritmi e gli istinti naturali, il sostentamento era dovuto in massima parte dai beni offerti dalla natura e l’attività sessuale (la quale, benché se ne parli molto poco, è un parametro fondamentale nella definizione di un “grado” di civiltà) era totalmente svincolata da qualsiasi tipo di regole al di fuori dell’istinto, ogni bisogno doveva essere soddisfatto, assecondando così quello che Freud ha chiamato il “principio di piacere”.

E’ evidente che un tale principio non può che creare caos, spesso i bisogni dell’uno vanno a contrapporsi ai bisogni dell’altro, creano conflittualità e la società tenderebbe a sfaldarsi. Con l’evoluzione delle civiltà quindi, si è andato sostituendo al “principio di piacere” il “principio di realtà”.
Ogni individuo può soddisfare i propri bisogni umani a patto che ciò non vada a creare conflitti e/o disordine nel tessuto sociale.
La repressione di alcuni bisogni comporta una conseguente sublimazione in altri tipi di attività tese ad emulare il piacere voluto ma represso: parlo di arte, politica e tutto ciò che è comunemente considerato “frutto della civiltà”.

La privazione di una parte della propria libertà è quindi essenziale nella costruzione di una società ordinata e funzionante, ma, come ha notato il filosofo Herbert Marcuse della “Scuola di Francoforte”, non si è mai visto nella storia una organizzazione sociale nella quale la limitazione della libertà individuale fosse la minima indispensabile, e di conseguenza la più funzionale ed equa possibile.

Nell’odierna società liberale-borghese infatti, oltre al “principio di realtà”, l’uomo deve sottostare al cosiddetto “principio di prestazione”. Il processo della divisione dei ruoli e del lavoro ha portato alla stratificazione delle varie mentalità, le quali si sono inesorabilmente omologate ad un certo sistema di valori, tanto la mentalità borghese-padronale quanto quella operaia e contadina.

Il bisogno di sentirsi parte di un certo gruppo, il bisogno di identità insomma, ha fatto abbandonare alle persone di ogni classe il proprio (dell’individuo non della classe) pensiero naturale per supportare invece un sistema prefissato di idee: più o meno implicitamente ognuno fa ciò che la società si aspetta che debba fare. Tale sistema di omologazione ha aumentato a dismisura il suo potere con l’avvento dei mass media. Ogni tipo di comunicazione di massa, che sia manifesto pubblicitario, giornale, radio, televisione, diventa strumento di potere del sistema.

L’obiettivo è quello di creare dei falsi bisogni al fine di portare ogni persona, col suo consumo e con il suo comportamento, ad essere parte integrante del sistema, ad essere il vero “cibo” del sistema. Il “principio di prestazione” è quindi quella spinta artificiale che spinge a dare sempre il massimo secondo i valori capitalisti-consumisti, che spinge all’utilizzare un bene di consumo come simbolo della propria condizione economica (automobile di lusso, vestiario firmato, ecc) e che fa credere alle persone che sia quella la direzione in cui l’umanità deve andare per poter arrivare ad essere sempre più libera, dopo aver impresso nella mente delle masse l’equazione ricchezza=felicità. Essendo però artificiale, il seguire questo principio non può far altro che concedere piaceri temporanei e futili, non sono elementi di libertà come ci vogliono far credere, ma anzi sono la nostra ultima e più moderna condizione di schiavitù.

Questo sistema comunque non trova la sua potenza tanto nell’efficacia quanto nella costanza. Il bombardamento dei cervelli con questi valori ha inizio dalla nascita, i soldatini per il bambino e la Barbie per la bambina, e continua, sempre presente come un fantasma, incameriamo informazioni senza accorgercene, dalla tv, dalle vetrine dei negozi, dalle persone che prendiamo (o ci affibbiano, il confine è labile) come simbolo dell’uomo riuscito: il vincente; ci facciamo convincere di voler essere come lui. L’uomo adesso non è più alienato solo nel lavoro salariato, ma anche nel suo divertirsi e nel suo quotidiano vivere, è una marionetta incapace di vedere i fili del burattinaio. E’ per questo che dobbiamo considerare totalitarie le democrazie borghesi.

La democrazia potenzialmente offre il maggior numero possibile di mezzi per poter liberare l’umanità e per poterla fare arrivare al massimo grado di sviluppo, ma mentre questi
mezzi ci sono, il sistema odierno non permette alle masse di poterli utilizzare.
Le costringe quindi ad una finta libertà, una schiavitù subdola e strisciante che è tanto
difficile far notare a coloro che sono immersi nel sistema quanto è difficile individuarne i processi ed i risvolti pratici e materiali, poiché fa delle piccole e piccolissime quotidianità il suo punto di forza. E’ un processo che non risparmia nessuno, neanche le classi tipicamente anti-sistema.
Sono ormai un ricordo gli anni in cui i lavoratori salariati erano il terrore dei potenti, perché ormai
anche i salariati sono stati persuasi a partecipare a questo gioco.
Gli operai si sono accontentati “delle briciole del banchetto dei padroni”, si sono omologati al sistema.
Tra la via più giusta e quella più facile sono stati indotti in modo subdolo a scegliere la più facile, mettendo a dorme e così la carica rivoluzionaria. L’uomo viene così spersonalizzato, ridotto ad “una unica dimensione”, quella del sistema appunto, dove si trova intrappolato.

Non dobbiamo comunque credere che questo sistema sia indistruttibile. Questa è la situazione di una parte, seppure grande, della popolazione occidentale. Esiste una fascia di popolazione al di sotto dei potenti e della base popolare conservatrice che il sistema non è mai stato in grado di assorbire. Sto parlando di emarginati, reietti, perseguitati, disoccupati, e di tutti coloro che
non hanno perso la consapevolezza che dall’abbattimento del sistema hanno solo da guadagnare.
Magari in futuro, con il complicarsi e l'ingrandirsi delle contraddizioni intrinseche del sistema capitalistico, avremo una forte pauperizzazione del ceto medio, la crisi economica attuale potrebbe rappresentarne il preambolo.
La classe operaia omologata al sistema non potrà più trarre sostentamento dai contentini offerti dai padroni, e potrebbe riacquistare coscienza di classe e carica rivoluzionaria.
Nonostante i se ed i ma, evitando previsioni azzardate, il sistema potrà essere cambiato solo dal basso, dallo strato più basso della società. Il passo decisivo nell'evoluzione della società umana non può che essere fatto dagli sfruttati, sfruttati che però siano coscienti della loro condizione di schiavitù.

Forse peccando di superbia, concludo questo articoletto così come Marcuse concluse una delle sue più grandi opere, con una citazione di Walter Benjamin: <<E’ solo per merito dei disperati che ci è data una speranza>>.

[Ispirato dalla filosofia di Herbert Marcuse]

Spartaco II

giovedì 4 dicembre 2008

Berlusconi in Albania per un viaggio politico, o meglio, di affari

Verrà costruito nel sud dell'Albania un rigassificatore da 1 miliardo di euro e dalla capacità di 8 miliardi di metri cubi di gas all'anno, il più grande progetto mai realizzato nel paese da un gruppo estero, il gruppo italiano Falcione. L'intesa con il governo è stata firmata alla presenza del presidente albanese Sali Berisha e del premier italiano e prevede che il gas riconvertito verrà in parte convogliato in Italia. Berisha ha anche invitato le aziende italiane ad investire in Albania, dove troveranno meno burocrazia e meno tasse che altrove. Ed infatti i rapporti fra i due Paesi si stanno intensificando, tanto che nella visita di Berlusconi sono stati siglati accordi fra 4 imprese italiane ed il governo di Tirana, quella per il rigassificatore, appunto, per la posa di un di un cavo elettrico sottomarino e per la realizzazione di un cementificio e di un tratto stradale.

fonti:http://www.larinascita.org/

lunedì 1 dicembre 2008

Il personaggio: Frida Kahlo


Nel 1910 in Messico inizia la rivolta armata contro la dittatura di Porfirio Diaz e la voglia di essere "figlia della rivoluzione" porterà Frida a far credere di essere nata quell’anno (invece che il 6 luglio 1907).
Fu suo padre, un ebreo emigrato dalla Germania a 19 anni, a scegliere il nome (da Fried: pace in tedesco, che poi lei trasformerà in Frida come contestazione alla politica nazista tedesca) ad avvicinarla all’arte e a persuaderla a frequentare l’ambita scuola preparatoria nazionale.
Superato l’esame, Frida si aggregò ai “Cachuchas” un gruppo di studenti che si autodefiniva “provocatorio, antidogmatico e insolente” e nel quale si discuteva di filosofia e letteratura come di politica.
Nel 1925 l'autobus sul quale viaggiava si scontrò con un tram, il corrimano le trapassò il bacino, procurandole fratture alla spina dorsale, alle gambe e alle costole.
Costretta a trascorrere immobilizzata a letto un lungo periodo iniziò a dipingere in modo regolare: grazie al cavalletto e allo specchio, riusciva tramite la pittura ad esternare la sua sofferenza.
Finita la convalescenza, riprese i contatti con i Cachuchas tramite i quali conobbe Julio Antonio Mella, Tina Modotti e Diego Rivera (gli ultimi due, rispettivamente, fotografa ufficiale e fondatore di “El machete” il giornale ufficiale del partito comunista). Frida e Diego si erano già incon-
trati nel ‘22 quando il già famoso muralista aveva ricevuto l’incarico di dipingere l’anfiteatro della sua scuola.
Entrata in contatto con l’ambiente politico, si iscrisse al partito comunista messicano nel ’28, si allontanò più tardi quando Diego venne espulso per le sue opinioni trotzkiste e antistaliniste.
Nel ’29 i due si sposarono, la madre della sposa non digeriva Diego che a suo dire era
“vecchio, grasso e, peggio che mai, comunista e ateo”.
Arrivò la prima gravidanza, inevitabilmente interrotta a causa dei danni al bacino derivati dall’incidente, a distanza di un anno ebbe un aborto spontaneo e venne ricoverata all’Henry Ford Hospital (evento descritto nell’omonimo quadro ambientato nella Detroit industria dove Frida giace in un letto di ospedale, dalla sua mano un cordone la collega al feto ormai perso,
all’inefficiente struttura del bacino, al fiore regalatole da Diego e alla lumaca che rimanda alla lentezza dell’aborto). La coppia si trasferì a New York quando Diego ricevette l’incarico di dipingere un murale al Rockefeller Center ma presto venne licenziato per aver
messo la faccia di Lenin ad uno dei lavoratori rappresentati ed essersi rifiutato di modificarla.
Nonostante l’infedeltà di Diego fosse una costante di cui Frida era sempre stata consapevole, la storia con sua sorella Cristina fu una cosa di cui non riuscì a dimenticare, dipinse quindi il Recuerdo (trafitta da una sbarra, il cuore è ai suoi piedi e sta sanguinando mentre
l’assenza delle mani indica l’impotenza di fronte alla situazione che sta vivendo). È in questo periodo che, forse per un vendicativo bilanciamento di conti, si intrattiene sessualmente con compagnie sia maschili che femminili.
In occasione dello scoppio della guerra civile spagnola Frida partecipò alla fondazione di un comitato di solidarietà in aiuto ai repubblicani, nel frattempo i rapporti con Diego erano apparentemente migliorati e venne loro affidato l’asilo politico di Trotsky e della moglie
(con il quale si vocifera una relazione di alcuni mesi).
Il poeta surrealista Andrè Breton arrivato in Messico per conoscere Trotsky, venne conquistato dalle sue opere a tal punto da organizzarle mostre a New York e Parigi dove riscosse consensi da pittori come Picasso, Duchamp, Kandinskij e Mirò. Mentre la sua fama artistica cresceva le condizioni fisiche non le davano tregua tanto da farle dipingere La columna rota (in un paesaggio desolato e arido, si ritrae punta da numerosi chiodi, dei quali il più grande sul cuore, viviseziona il suo corpo per mostrare una allegorica colonna piena di crepe).
I rapporti con Diego continuarono a peggiorare fino al 6 novembre ’39 quando divorziarono, Frida si tagliò i capelli e abbandonò i vestiti messicani: questa era l’altra de Las dos Fridas (gli sguardi
rivolti al pubblico, la Frida “senza Diego” in un bianco abito europeo macchiato tiene la mano
alla Frida “malata di Diego” vestita da messicana e con in mano un medaglione con l’amato, i due
cuori sono collegati da un cordone-vena bloccata da una pinza emostatica che impedisce il fatale
dissanguamento della Frida “forte”, dietro un cielo tempestoso preannuncia brutte notizie) ma la
separazione non durò a lungo, l’8 dicembre 1940 si risposarono. Nel 1946 venne operata alla co-
lonna, ormai Sin esperanza (l'opera dove, stesa su un letto di ospedale, è costretta da una macchina a ingerire alimenti nauseanti) cominciò a far uso di droghe e dovette ricorrere all’amputazione di una gamba.
Nel ‘53 le venne finalmente dedicata una mostra in Messico, alla quale nemmeno le gravi condizioni fisiche le impedirono di partecipare, nel suo letto si fece trasportare al museo con l’ambulanza.
Negli ultimi giorni la necessità di diffondere la causa politica divenne impellente: era sempre più
convinta che El marxismo darà salud a los enfermos come dipinse (l’aquila americana minaccia tenendo fra gli artigli una bomba mentre la colomba della pace vola sui "rossi" territori e le mani simbolo del marxismo hanno l’occhio della saggezza e la sorreggano liberandola dalla necessità delle stampe fece un autoritratto con Stalin e pochi giorni prima di morire partecipò a una manifestazione contro la caduta del governo democratico del Guatemala, provocata dalla Cia statunitense nonostante fosse costretta sulla sedia a rotelle e con la polmonite.
Il 13 luglio 1954 Frida morì, la diagnosi fu embolia polmonare, il corpo venne cremato e Diego avvolse la bara in una bandiera del partito comunista. Un anno dopo la sua morte, Rivera
cedette la casa al governo messicano per trasformarla in un museo.

BlancaTruebaGarcia

giovedì 27 novembre 2008

Da Robespierre ai giorni nostri.



Durante la Rivoluzione Francese, nell'Assemblea Costituente fu discussa a lungo la sorte da riservare al re Luigi XVI. La Rivoluzione aveva affermato alcuni principi che poi verranno ripresi dalle democrazie europee (libertà, uguaglianza e fratellanza) e alcuni membri dell'Assemblea volevano processare il re seguendo questi principi. Ma il 3 dicembre del 1972 prese la parola
Robespierre: nonostante tempo prima si fosse scagliato contro la pena di morte, egli prese posizione a favore della condanna a morte di Luigi XVI. Il suo sottilissimo ragionamento si articolava in 2 punti fondamentali:

1) la Rivoluzione ha fatto trionfare i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza, ma il re appartiene ai controrivoluzionari, cioè a coloro i quali si sono battuti contro il trionfo di questi principi. Quindi i controrivoluzionari non devono essere processati sulla base del principio
fondamentale della libertà, perché questo li farebbe sentire tutelati dalla libertà stessa, anche se la combattono facendo parte della controrivoluzione;

2) Robespierre afferma inoltre che non è possibile processare il re, in quanto un processo dovrebbe tener presente anche la possibilità che il re sia innocente e quindi la Rivoluzione colpevole ("Luigi non è un accusato; voi non siete dei giudici [riferito ai deputati dell'Assemblea ndr"]; voi siete e non potete essere altro che uomini di stato, rappresentanti della nazione.
Non dovete pronunciare una sentenza a favore o contr o un uomo; dovete prendere una misura di salute pubblica").
Ma poiché la Rivoluzione non può essere colpevole in quanto affermazione del popolo, il re è colpevole. Il trionfo della Rivoluzione è la condanna del re e quindi deve essere giustiziato, tuttavia il concetto di libertà della Rivoluzione dell'89 è comunque una concezione borghese.

Va dunque contestualizzata. Allo stesso tempo rileggendo le parole di Robespierre rivolte all'Assemblea, non ho potuto fare a meno di pensare ai Principi Costituzionali e alla Legge Mancino (che vieta l'apologia al fascismo).
Infatti è soltanto la Costituzione che premette le libertà innanzitutto quelle liberali (anche se sono previste anche quelle sociali): ogni singola affermazione che va contro quelle libertà in nome di esse (come la semplicissima frase contraddittoria "io sono libero di dichiararmi fascista") è anticostituzionale.
La costituzione nasce in un preciso momento storico in cui la lotta contro il fascismo era un prere-
quisito di ogni ulteriore libertà. Tuttavia l'assemblea costituente promosse un concetto di libertà
estremamente ampio che con alcuni ovvii limiti permette a tutti di dire qualsiasi cosa, anche di essere fascista.
Altri stati (per esempio la Germania) hanno deciso diversamente ritenendo di primaria importanza tagliare la strada ad ogni possibile rigurgito di simili ideologie.

A mio avviso sarebbe necessario riconsiderare l'importanza di tutelare lo stato italiano da un ritorno dell'ideologia fascista infatti sono molto preoccupanti le dichiarazioni di numerosi esponenti di Azione Giovani (come "non saremo mai antifascisti", doppia negazione, ergo...), ma anche paradossali e contraddittorie (Giorgia Meloni, di AG, tra l’altro ricopre una carica ministeriale grazie proprio alla Costituzione ed agli antifascisti che l'hanno scritta). Dobbiamo cominciare noi ad opporci a qualunque possibile ritorno al fascismo.
L'opposizione deve ricominciare da qui, dalla partecipazione che è scritta nella Costituzione e che sostituiva il Duce che tutto comandava (non a caso un motto del ventennio è "credere obbedire combattere", non "pensare, partecipare, agire").
A mio avviso è necessario anche prendere provvedimenti più incisivi, come ha fatto la Germania sopracitata, auspico l'intervento della legge penale.

Kirov

mercoledì 26 novembre 2008

Sudamerica oggi

I conservatori, che credono che l'attuale sistema di produzione della ricchezza (che crea oggi la disuguaglianza degli uomini) sia un fatto che non possa essere cambiato, dovrebbero guardare a cosa avviene oggi in America Latina. L'idea di comunismo, lo spettro che essi credono di aver esorcizzato, è il pilastro portante delle azioni e delle speranze di un intero continente. Non c'è solo Cuba che resiste, (malgrado qualche difficoltà) e che sta vivendo da pochi mesi un ricambio storico nel vertice, che molti non credevano possibile senza cancellare le conquiste rivoluzionarie. Anche nella maggioranza degli altri paesi sudamericani, sono in atto processi rivoluzionari, pur nella diversità delle esperienze. Non è mia intenzione fornire al lettore o alla lettrice un quadro completo: mi limiterò a un breve esposizione di alcuni fatti senza alcuna pretesa di descrivere esaurientemente un processo che necessiterebbe di uno spazio maggiore di quello che la vostra pazienza può accordarmi.
Comincerò con una breve panoramica proprio su Cuba. Con l’avvento della rivoluzione, il paese, che era una delle più povere ex-colonie, è arrivato a livelli fino ad allora sconosciuti per l’America Latina. L’analfabetismo è praticamente scomparso, il sistema sanitario è diventato un modello di riferimento per tutto il terzo mondo, il tenore di vita degli abitanti (ossia di tutti e non soltanto di una élite privilegiata) è enormemente migliorato. Tutto ciò ha (sostanzialmente) resistito non solo al “crollo del muro” ma a quaranta anni di blocco economico, di continui tentativi di golpe, di sabotaggi, e anche di terrorismo - poiché sono state fatte azioni anche di questo tipo - da parte degli Usa. Questo prova inconfutabilmente che il sostegno popolare non è mai venuto meno al governo cubano.
L'esempio cubano ha ispirato direttamente, ed ha sostenuto fattivamente, ad esempio con l'invio di personale sanitario, l'azione politica del presidente Chávez, uomo che parla apertamente di socialismo. Costui, attraverso la nazionalizzazione delle grandi aziende, inizialmente quelle del settore petrolifero, (nazionalizzazione che è stata estesa da parte degli stessi lavoratori, i quali in più di un caso hanno occupato ed autogestito fino all'esproprio le fabbriche in crisi) ha potuto realizzare importanti risultati nella modernizzazione del paese, investendo i soldi nella sanità pubblica, nell'istruzione, nel miglioramento delle condizioni di vita delle masse. Adesso è imminente la nazionalizzazione del Banco del Venezuela, che permetterà ulteriori passi in avanti. Chávez stesso ha così affermato “I profitti non andranno ai gruppi privati, ma saranno investiti nello sviluppo sociale. Il socialismo è più forte ogni giorno che passa”. Anche in questo caso i capitalisti hanno spinto il loro principale rappresentante, ossia Bush, a fare di tutto per affossare la storia. Abbiamo così visto il sostegno ad un tentato golpe, e a molti degli oppositori politici del presidente. Non nego che ci siano stati errori, imprecisioni, azioni "alla meno peggio" etc., ma.....Come esempio di disinformazione sul tema, porterò le voci che periodicamente affermano l'assenza della libertà di parola in Venezuela. Vi citerò un brano tratto dall'articolo di A. Villari, pubblicato sul sito www.giùlemanidalvenezuela.net :"secondo i dati dell’Osservatorio Internazionale sui Media, la gran parte dell’informazione in Venezuela, non soltanto è privata, ma è anche apertamente schierata con l’opposizione al Governo di Chavez: è un curioso paradosso della democrazia, che in un Paese in cui il Governo dispone di un sostegno popolare di quasi due terzi della popolazione (stando alle ultime elezioni presidenziali), tre quarti dei media non facciano altro che attaccarlo. Nel 2002, l’Osservatorio per i Diritti Umani affermò esplicitamente che “lungi dal fornire un’informazione onesta e veritiera, i media in gran parte cercano di provocare il malcontento popolare a supporto dell’ala estremista dell’opposizione”. Ciononostante, tale è la democraticità del Governo bolivariano, che nessuna emittente è stata chiusa, e soltanto alla scadenza della licenza a RCTV (emittente privata chiusa NdR) viene revocato l’utilizzo delle frequenze. C’è da chiedersi se in qualsiasi altro Paese “democratico”, se un canale televisivo avesse apertamente sostenuto il rovesciamento del governo, avrebbe continuato a trasmettere anche dopo il fallimento del colpo di stato, e se il suo proprietario andrebbe esente dalla giustizia penale."
Anche la Bolivia, con il governo di Morales, nonostante analoghi attacchi, sta nazionalizzando le immense ricchezze naturali del paese, oltre, ad esempio, alla maggioranza delle azioni delle telecomunicazioni. Gli "interessi forti" che hanno cercato di impedire una radicalizzazione della situazione tramite spinte secessioniste, sono stati recentemente sconfitti da un referendum.
Sia l'Ecuador, con Correa, che il Nicaragua, con Ortega hanno eletto governi "molto progressisti".Si potrebbe citare anche il caso dell'Uruguay....Malgrado sia stato deludente rispetto alle speranze iniziali anche il governo di Lula in Brasile rimane, in molti aspetti, un esempio positivo. Lo stesso vale, anche se in misura minore, per il Cile. La grande crisi economica del 2001 portò le masse dell'Argentina (tra le altre cose) ad occupare ed a autogestire molte fabbriche, esperimento che con i suoi limiti, dura tutt'ora e mostra le potenzialità della classe operaia. In conclusione, "il sol dell'avvenir" è molto sentito, ancora oggi anno 2008.

Gianluca Angeli

Malitalia

Oggi la nuova Resistenza in cosa consiste… ecco l’appello ai giovani: di difendere queste posizioni che noi abbiamo conquistato, di difendere la Repubblica e la Democrazia.
E cioè oggi ci vuole due qualità a mio avviso, cara amica, l’onestà e il coraggio…l’onestà…l’onestà…l’onestà…


Primavera 2008: Giunto a elezioni d’emergenza il popolo italiano affida il Governo nelle mani di Silvio Berlusconi, capo delle forze politiche di destra col Pdl ( Partito delle libertà ). Ma arrivati all’estate, uno dei punti salienti dei nuovi provvedimenti diventa: il “Lodo Alfano”, ossia la sospensione di tutti i processi in corso per le quattro più alte cariche dello Stato. Ma perché tutta questa fretta nel risolvere le vicende giudiziarie del Primo Ministro?
Nel corso della sua carriera imprenditoriale é andato in contro ad accuse sfociate in processi, gran parte dei quali terminati per assoluzione, coperti da amnistia o prescrizione: Bugie sulla loggia P2 - La Corte d'appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti al Tribunale di Verona a proposito della sua iscrizione alla P2(Tessera n° 1816), ma il reato è coperto dall'amnistia del 1989.
Tangenti alla Guardia di Finanza - Viene condannato a 32 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate. La Corte d’appello: prescrizione per tre delle tangenti, grazie alle attenuanti generiche che prima non c’erano, assoluzione con formula dubitativa:"Il giudizio di colpevolezza dell'imputato poggia su molteplici elementi indiziari, certi, univoci, precisi e concordanti, per ciò dotati di rilevante forza persuasiva, tali da assumere valenza probatoria". Cassazione: assoluzione. La motivazione per l’assoluzione della quarta tangente è l’insufficienza di prove.
All Iberian 1- Qui si tratta di finanziamento illecito a partiti ovvero, vi fu un versamento da parte della Fininvest spa, dal conto intestato All Iberian, al conto Northern Holding di Bettino Craxi. Il reato cade in prescrizione, nessuno degli imputati viene giudicato estraneo ai fatti. La cassazione conferma la prescrizione condannando il presidente e proprietario della Fininvest al pagamento delle spese processuali.
All Iberian 2 - Processato per falso in bilancio. Il processo è sospeso in attesa che nuove norme approvate dal governo Berlusconi sui reati societari, si pronuncino alla Corte di giustizia Europea e alla Corte Costituzionale Italiana.
Medusa Cinema - Versamento di fondi a nero da parte del suo collaboratore Bernasconi Carlo a Silvio Berlusconi Scrivono i giudici: "La molteplicità dei libretti riconducibili alla famiglia Berlusconi e le notorie rilevanti dimensioni del patrimonio di Berlusconi postulano l'impossibilità di conoscenza sia dell'incremento sia soprattutto dell'origine dello stesso". Corte d’appello promuove l’assoluzione con formula dubitativa. Cassazione: sentenza d'appello confermata.
Terreni di Macherio - Reati di appropriazione indebita, frode fiscale e falsi in bilancio, per il pagamento di 4.4 miliardi di lire all’ex proprietario dei terreni circondanti la villa di Macherio. Assoluzione per le prime due accuse e per il primo falso in bilancio, il secondo è coperto da amnistia.
Caso Lentini - Versamento di denaro in nero al Torino Calcio per l’acquisto del giocatore Luigi Lentini. Reato prescritto grazie alle nuove norme che regolano il giudizio sul falso in bilancio (norme fatte da lui).
Mafia - Indagini archiviate a Palermo su richiesta della Procura per scadenza dei termini massimi concessi per indagare.
Bombe del 1992 e del 1993 - Le inchieste delle Procure di Firenze e Caltanissetta sui presunti "mandanti a volto coperto" delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (Milano, Firenze e Roma) sono state archiviate per scadenza dei termini d'indagine. A Firenze, il 14 novembre 1998, il gip Giuseppe Soresina ha però rilevato come Berlusconi e Dell'Utri abbiano "intrattenuto rapporti non meramente episodici con i soggetti criminali cui è riferibile il programma stragista realizzato" cioè con il clan Corleonese che da vent'anni guida Cosa Nostra con centinaia di omicidi e una mezza dozzina di stragi. Aggiunge il giudice fiorentino che esiste "una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale trascurato dalla legislazione dei primi anni 90". Poi aggiunge che, nel corso delle indagini, addirittura "l'ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell'Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità". Ma purtroppo è scaduto il termine massimo delle indagini preliminari prima di poter raccogliere ulteriori elementi. Gli altri reati per cui Berlusconi è stato accusato, che noi ci limitiamo a citare brevemente, ci danno un quadro quasi completo del suo passato. Consolidato gruppo Fininvest, Lodo Mondadori, Sme-Ariosto, Diritti televisivi,Telecinco.
Con la pronta (e arrogante) soluzione nota come “Lodo Alfano” o decreto blocca-processi, Berlusconi e il suo Governo ci dimostrano la loro volontà di dissolvere il non certo chiaro passato del Presidente del consiglio. Lo dimostra il recente dubbio sollevato dalla Corte Costituzionale sulla regolarità del decreto stesso in quanto “sembra” andare contro ad articoli ben precisi dei principi fondamentali della Costituzione:
Art.3: “TUTTI i cittadini hanno PARI DIGNITA’ SOCIALE e sono EGUALI davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di CONDIZIONI PERSONALI O SOCIALI.[...]"
Quello che vogliamo far notare è quanto sia prima di tutto moralmente inconcepibile una cosa del genere, ci sono troppe coincidenze nei fatti di ieri e soprattutto in quelli di oggi che ci conducono alla consapevolezza di avere affidato l’Italia a delle persone forse inadatte a tale compito. Ci rendiamo altrettanto consapevoli della possibilità di riscontrare casi del genere in tutte le fazioni che costituiscono l'attuale parlamento. Questo provvedimento, palesemente pretestuoso è stato giustificato dalla volontà di far procedere il Governo in maniera lineare e continua, secondo loro i processi rallentano e disturbano l’operato delle quattro maggiori cariche impedendo la serenità necessaria per operare. Lasciamo a voi il giudizio, ci chiediamo se in un Paese che si dichiara democratico sia possibile e giusto tale provvedimento.

…E quindi l’appello che io faccio ai giovani è questo: di cercare di essere onesti, prima di tutto la politica deve essere fatta CON LE MANI PULITE! Non ci possono essere… se c’è qualche scandalo… se c’è… se c’è qualcheduno che da scandalo… se c’è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i propri sporchi interessi DEVE ESSERE DENUNCIATO SENZA ALCUN TIMORE!”
Sandro Pertini (1896 - 1990)


Cip & Ciop

Editoriale

Sta esplodendo un nuovo '68..
Non esageriamo, però abbiamo assistito ad un'esplosione di mobilitazioni studentesche, dei lavoratori e di tutta la società.
Ma cominciamo dalla crisi economica: tutti i mercati sono ormai sconvolti da questa che è stata definita la più grave dopo quella del '29.
Il governo americano per affrontare questa crisi ha tentato, contrariamente alla sua ideologia, di nazionalizzare gli istituti di credito più importanti. Tutto ciò è stato fatto per salvare il modello capitalista facendo ricadere il peso delle perdite dei grandi capitalisti su tutta la società. Anche in Europa rischiamo di vedere scene simili. Ma è già in atto la risposta delle classi disagiate. Gli studenti si stanno rendendo protagonisti di un'eccitante stagione di rivolta.
La CGIL, o almeno la sua base, sta ritrovando la strada della conflittualità. E tutti insieme abbiamo dato vita ad una storica manifestazione lo scorso 11 ottobre...

mercoledì 12 novembre 2008

Sulle recenti mobilitazioni universitarie nel polo di scienze sociali di Firenze

Tratto dal Numero Speciale sulla Scuola

Noto con soddisfazione che gran parte della società civile si sta mobilitando contro gli ultimi provvedimenti presi dal Governo in materia di scuola e università.

Di fronte a una situazione che, per quanto grave, è solo la prevedibile conclusione di un percorso iniziato da circa vent’anni , gli studenti, il corpo docente, il personale tecnico amministrativo e in parte anche i genitori stanno operando ma soprattutto cooperando tra loro nell’organizzazione della protesta.

Nella realtà in cui mi trovo personalmente, ovvero l’università, la reazione non è meno decisa rispetto agli istituti superiori. Il polo delle scienze sociali di Novoli (Firenze) si è trovato forse un po’ in ritardo rispetto ad altri poli universitari della medesima città nell’affrontare una discussione aperta nella quale prendere una decisione su come organizzare la protesta, ad ogni modo il 14 ottobre è stata convocata un’assemblea di polo comprendente perciò le tre facoltà che ne fanno parte: scienze politiche, economia, giurisprudenza.

La partecipazione è stata molto più ampia del previsto, al punto che l’assemblea si è dovuta trasferire, per ragioni di spazio, nell’aula magna e nell’aula conferenze collegate tra loro tramite audio e video.

Democraticamente è stato scelto di rinviare la decisione se occupare o no a dopo il consiglio di facoltà di scienze politiche che si sarebbe tenuto a breve, l’assemblea si è dunque aggiornata al giorno del consiglio in forma di presidio di fronte all’edificio dove esso si teneva.

Dopo un momento di tensione causato da alcuni studenti hanno incitato ad occupare subito un edificio senza aspettare l’esito del consiglio, vanificando dunque il motivo stesso del presidio l’assemblea, essa si è trasferita ed è stata comunque fatta una votazione da cui è emersa la volontà di prendere la via dell’occupazione anche se per solo un edificio, il D5.

Bisogna comunque dare rilevanza ai risultati che si vogliono ottenere, e comunque rispettare una sorta di centralismo democratico per evitare di disperdere la protesta o presentare una qualche divisione profonda sulla quale le forze filogovernative facilmente speculerebbero, perciò l’assemblea ha auspicato che anche coloro che non appoggiavano l’occupazione come metodo partecipassero comunque per quanto potessero.

A proposito dell’opposizione fatta alla protesta, in questo caso promossa da “studenti per le libertà”, ritengo che sia stato dato democraticamente spazio alle loro argomentazioni per quanto provocatorie e prive di contenuto reale, ancora una volta in linea con la banalizzazione e un per così dire “sloganismo” diffuso nelle forze che appoggiano il Governo.

Lascia amareggiati ma purtroppo non sorprende ormai più il fatto che la stampa e i media abbiano dato poca informazione e questa, per lo più, sia stata caratterizzata da una presunta mancanza di democraticità nel far parlare chi non era d’accordo e nelle decisioni prese.

Nell’edificio occupato sono state promosse numerose iniziative di carattere informativo e non: nel parco vicino al polo è stata organizzata una “merenda sociale” nelle quale gli studenti intrattenevano i bambini e informavano i genitori; con la collaborazione di alcuni professori sono state promosse lezioni alternative a quelle regolari di informazione sulla riforma e sensibilizzazione su temi di attualità, molta esaustiva e partecipata è stata la lezione del prof Marzuoli (docente di diritto amministrativo), il quale ha esposto un’analisi tecnica ma non asettica del decreto 133 facendo chiarezza e sfatando luoghi comuni e etichettature di ogni tipo; infine molto interessante è stato il seminario tenuto da Malalai Joya giovane attivista afghana estromessa dal recente governo di Karzai per le sue posizione democratiche e femministe.

Gli studenti occupanti si sono poi suddivisi in gruppi di lavoro dandosi compiti diversi come lo studio approfondito della riforma e redazione di proposte alternative, relazioni con le altre facoltà.

Al contrario dell’idea generale che si ha dell’occupazione, questa non si è chiusa in se stessa, essa partecipa e collabora alle manifestazioni generali studentesche come ad esempio quella imponente di Firenze del 21 ottobre.

La risposta degli studenti e dei cittadini alle iniziative è stata piuttosto vasta e attiva, va inoltre ricordato che la proposta e la programmazione di queste avviene in discussioni e successive votazioni democratiche che si svolgono in assemblee giornaliere aperte a tutti.

La successiva assemblea di giurisprudenza ha frenato qualsiasi proposito di estendere l’occupazione ad altri edifici, da essa sono emerse forme più “soft” di mostrare il dissenso e cercando soprattutto l’appoggio dei professori, anche se va detto che la partecipazione è stata anche qui degna di nota e che molti studenti già dalla assemblea generale del 14 collaborano attivamente all’occupazione.

Va dunque sottolineato come anche in questa ristretta realtà, ma come in generale nelle organizzazioni studentesche ad ogni livello, quella contagiosa voglia di “prendere coscienza” della situazione e del bene comune, quella voglia di informarsi e di agire, quel clima che sa un po’ di ’68 non possono che essere positivi in un paese dove da troppo tempo regnano il passivismo e l’indifferenza.

Asesino


giovedì 6 novembre 2008

Lo Scomodo Novembre ‘08 N° 4




















L’informazione scomoda è quella vera


Sta esplodendo un nuovo '68.. Non esageriamo, però abbiamo assistito ad un'esplosione di mobilitazioni studentesche, dei lavoratori e di tutta la società. Ma cominciamo dalla crisi economica: tutti i mercati sono ormai sconvolti da questa che è stata definita la più grave dopo quella del '29.Il governo americano per affrontare questa crisi ha tentato, contrariamente alla sua ideologia, di nazionalizzare gli istituti di credito più importanti. Tutto ciò è stato fatto per salvare il modello capitalista facendo ricadere il peso delle perdite dei grandi capitalisti su tutta la società. Anche in europa rischiamo di vedere scene simili. Ma è già in atto la risposta delle classi disagiate. Gli studenti si stanno rendendo protagonisti di un'eccitante stagione di rivolta. La CGIL, o almeno la sua base, sta ritrovando la strada della conflittualità. E tutti insieme abbiamo dato vita ad una storica manifestazione lo scorso 11 ottobre...

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mercoledì 29 ottobre 2008

Approvato decreto Gelmini: Ora Inizia La Lotta


L'approvazione del Dl Gelmini oggi al Senato non fermerà le nostre lotte, che sono ancora tantissime e determinate. C'è in discussione alla Commissione Cultura e Istruzione della Camera dei Deputati un disegno di legge, presentato dal presidente Aprea, che vuole distruggere definitivamente ciò che resta di pubblico nel sistema di istruzione italiana. Agli studenti che protestano con noi chiediamo di continuare a lottare, di resistere e di vigilare. I molti fascisti che stanno tentando di infiltrarsi nei cortei (da ultimo oggi al Senato), con la polizia che lascia fare (che abbia ricevuto ordini superiori?) dimostrano che c'è un tentativo del governo di criminalizzare il movimento. E chi sa che questa criminalizzazione non passi anche spingendo qualche fascistello a inserirsi per provocare disordini.

domenica 26 ottobre 2008

Il personaggio: Gianfranco Fini


Gianfranco Fini nasce a Bologna nel 1952. Il nome Gianfranco viene scelto per ricordare un cugino ucciso dai partigiani. Nonostate il padre sia comunista, si avvicina al Movimento Sociale Italiano in giovane età, dove farà carriera e diventerà il segretario del Fronte della Gioventù essendo stato scelto direttamente da Almirante (si, quello che scriveva su un manifesto della RSI "tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuorilegge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena", al quale vogliono dedicare una via...). Morto Almirante, e dimenticandosi le lodi sperticate al fascismo, diventa ben presto il segretario dell'MSI, che conduce alla cosiddetta Svolta di Fiuggi, dove cambierà il nome del partito in Alleanza Nazionale ed abbraccerà l'antifascismo (nonostante nello stesso anno dichiari:" Il duce è stato un esempio di amore per la propria terra e la propria gente, un giorno l'Italia lo dovrà riabilitare e insieme a Cavour, Mazzini e Garibaldi, anche a lui saranno intitolate piazze e monumenti"). Da qui la sua storia politica si legherà a quella di Berlusconi (ed in misura minore a quella di Bossi e Casini). Partecipa ai governi Berlusconi II e III, non senza attriti con il secessionismo di Bossi, ma durante i due recenti anni di governo Prodi comincia a rompere con un Berlusconi non più in giovane età nonostante i lifting, che propone per rilanciare la sua immagine legata all'immancabile nuovismo (malattia della politica odierna) di fondare un nuovo partito: cominciano le dichiarazioni pesanti ("Alla fine io sono sicuro che Berlusconi riuscirò a farlo ragionare. Perché è un uomo con una scala di valori molto rigida e al primo posto c'è l'interesse personale. Per cui basterà minacciare di colpirlo sulla riforma delle tv" citato in Francesco Bei, La rabbia di Fini "Ferito dal Cavaliere", la Repubblica, 16 novembre 2007; e poi: "Comportarsi nel modo in cui sta facendo Berlusconi non ha niente a che fare con il teatrino della politica: significa essere alle comiche finali. Da queste mie parole, volutamente molto nette, voglio che sia a tutti chiaro che, almeno per quello che riguarda il presidente di An, non esiste alcuna possibilità che An si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi" dal discorso all'assemblea di AN riunita a Roma all'Ergife, 9 dicembre 2007; e poi ancora: "Il Cavaliere ha fatto tutto da sé. Ha messo in piedi i Circoli della libertà con la Brambilla. Poi ha creato il Partito della libertà senza neanche avvertire i suoi amici di Forza Italia, quindi ha distrutto la Cdl. Conclusi i giochi, a regole scritte (alla stesura delle quali non siamo stati chiamati a partecipare) dovremmo bussare alla sua porta col cappello in mano e la cenere sulla testa? Non siamo postulanti.[...] Sono il presidente di An, non una pecora"). Fini, caduto il governo Prodi dopo il ritiro della fiducia da parte di Mastella, scopre il suo amore per gli ovini e decide di accordarsi con Berlusconi, dimenticandosi completamente di quello che pochi mesi prima aveva dichiarato, molto probabilmente alla ricerca del posto di successore dello stesso Berlusconi (come "migliore" tradizione politica italiana insegna), e forma con il Cavaliere un nuovo soggetto politico (il "Popolo della libertà") programmando il congresso di AN, che dovrebbe sancire il suo scioglimento nel nuovo soggetto politico (a meno che non cambi nuovamente idea... questo è ancora da vedere). Vinte le elezioni del 13 e 14 aprile diventa Presidente della Camera e solo un giorno dopo il suo insediamento dichiara (riferendosi sia alla manifestazione dei centri sociali a Torino contro le politiche di Israele, sia all'omicidio di Nicola Tommasoli, pestato fino alla morte da alcuni naziskin) che l'episodio di Torino è molto più grave perché "non è la prima volta che frange della sinistra radicale danno vita ad azioni contro Israele che cercano di giustificare con una politica antisionista”, come se una manifestazione contro le politiche di uno stato (o meglio, in sostegno di un altro stato, quello dei Palestinesi) sia meno grave di un ragazzo ammazzato dalle botte da un gruppo di naziskin. Mi auguro soltanto che Fini cambi idea anche su questo punto.


Tazza

giovedì 23 ottobre 2008

L'unità della resistenza: il punto di vista comunista


Le forze di cui disponeva la Resistenza erano
certamente non omogenee sul piano politico.
Una buona parte dello spettro politico del
tempo trovava, sia pure in proporzioni diverse,
la sua rappresentazione. Si andava da certi settori
di monarchici, (specialmente dopo l'8 Settembre)
passando dai liberali, da organismi democratico-
borghesi, fino ai socialisti, ai comunisti
e persino agli anarchici. In modo abbastanza
schematico, potrei, senza nessuna pretesa di
essere esauriente ricordare come, accanto a
coloro che arrivarono alla Resistenza seguendo
un ben preciso itinerario ideologico di militanza
nei partiti messi fuori legge dal fascismo, si
potessero trovare anche molti giovani per i
quali la scelta antifascista derivava da proprie
esperienze personali, e segnava la propria maturità
interiore. Questo rende l'idea della varietà
della composizione umana dei partigiani,
anche se certamente corre i rischi tipici di tutte
le schematizzazioni, ossia quelli di generalizzare
astrattamente fenomeni ben più complessi.
Al momento del ritorno di Togliatti dall'esilio,
Marzo 1944, i comunisti collaboravano si, con
le altre forze della resistenza, ma solo, per così
dire, nell'immediato. La prospettiva della rivoluzione
socialista, sentita come prossima a venire,
portava a considerare le altre forze antifasciste
un po' come il nemico di domani, dal
quale si pensava occorresse mantenere le distanze.
In ogni caso, il settarismo di Bordiga aveva
lasciato il segno, portando il partito a considerare
con sospetto ogni organismo esterno.
Qui occorre una digressione cronologica; su come
il PCI si sia rapportato alle altre forze antifasciste,
dall'avvento al potere del fascismo, fino a
quella che passerà alla storia come "la svolta di
Salerno". Per ridurre ( e condurre) il discorso
ad un esempio estremo, ricorderò lo scetticismo
(per non dir peggio)del partito di fronte al
fenomeno (schiettamente popolare) dei cosiddetti
"Arditi del Popolo"la cui composizione politica,
(socialisti, comunisti, anarchici) era comunque
più omogenea di quella che avrebbe
preso le armi contro il fascismo in seguito. Ma
nel frattempo, tra le altre cose, c'era stata la lezione
della guerra civile spagnola, essenziale nella
formazione di Togliatti, che aveva, a prescindere
dagli esiti, e dalle problematiche irrisolte
che poneva, mostrato l' imprescindibilità della
collaborazione antifascista di forze politiche eterogenee.
Dal punto di vista ideologico, il terreno
era stato preparato sia dal lavoro di Gramsci,
(necessità di una battaglia di egemonia all'interno
della società civile) sia dalle conclusioni
del settimo congresso del l'Internazionale Comunista
del 1935, dove era stata analizzata ideologicamente
la necessità di fronti popolari antifascisti
comprendenti anche forze democraticoborghesi.
Il risultato più”formale” nell'immediato
fu l'entrata di Togliatti nel governo Badoglio.
Togliatti insistè per far sì che il fronte di unità
nazionale si mantenesse il più a lungo possibile
anche nel dopo-Liberazione, (e che poi l'inevitabile
scontro si mantenesse nei binari delle norme
costituzionali) evitando così il ripetersi della
situazione della Grecia, dove, all'indomani della
liberazione, le divergenze tra gli antifascisti sfociarono
in scontro aperto. Con i risultati che
sappiamo.Ancora oggi, l'ANPI cerca di portare
avanti gli ideali dell'antifascismo nello spirito unitario
di “fronte popolare” che caratterizzò la
Resistenza.

Gianluca Angeli

N.b. Rimando, per approfondimenti, il lettore o
la lettrice ai primi capitoli dell'opera: “Storia
d'Italia dal dopoguerra ad oggi” di P.Ginsburg.

Resistenza e antifascismo

Conosciamo davvero il passato che ci ha preceduti?
Siamo veramente in grado di poter spiegare
l’essenza che sta alla base di semplici parole
come “Resistenza”, “Partigiano”,
“Antifascismo”?

Come la maggior parte di voi ero certa delle mie conoscenze su questo argomento, ma mi sbagliavo.
Dopo accurate ricerche, motivate dalla voglia di comprendere ciò che realmente c’è stato in passato, mi sono imbattuta su un aspetto della “Resistenza” che mi ha colpito molto; Possiamo definirlo più in generale come un pugno di uomini che hanno avuto come obiettivo la liberazione del nostro paese da un regime dittatoriale, ma il significato vero di questa parola è tutt’altro.
Riflettendo a fondo troviamo grandi uomini così diversi politicamente ( anarchici, comunisti, socialisti, azionisti, liberali, cattolici ), che sono riusciti a formare un gruppo di persone che hanno avuto come unico scopo la liberazione della patria da un regime fascista che è stato totalitario e subdolo.
Questa gente si è buttata alle spalle la loro diversità e rivalità, e sono riusciti nel loro obbiettivo
senza quella confusione generale che oggi vediamo ogni giorno nella nostra politica.
Mi chiedo perché non si possa trasferire la forza e la volontà degli uomini del nostro passato
adesso. Vedo sfaldamenti di partiti, pregiudizi e brutali mosse politiche finalizzate alla tutela
della propria persona invece che eseguite per il benessere di un’intera nazione.
Come siamo riusciti ad arrivare a questo punto?
Davvero il “Passato” non ha insegnato nulla?
Forse sta accadendo tutto ciò perché per qualche motivo non siamo riusciti a tramandare a
fondo il vero significato e lo sforzo della Resistenza partigiana.
Potremmo imputare la causa anche agli avvenimenti
che sono successi nel dopoguerra: c’è stato un degenero totale in quanto ogni fazione
politica, che aveva partecipato al movimento antifascista, ha preteso una grande fetta di importanza in campo politico, permettendo così che il “vero” pensiero partigiano si frantumasse.
Siamo arrivati a un punto dove si vede veramente questa rottura politica. A mio avviso sarebbe necessario che le forze democratiche ritrovassero la loro vocazione antifascista nell’agire quotidiano, invece di dare più importanza a cose paragonabilmente inferiori.
Riflettendo non siamo riusciti ad avere rispetto per lo sforzo enorme
che hanno fatto i nostri compagni caduti per portare un poco di libertà nel nostro paese.
Bisogna tramandare il giusto valore della libertà e cercare, al meglio di noi stessi, di trasformarlo
in realtà sociale senza la presenza di false maschere e con la stessa determinazione dei nostri
partigiani nell’aiutare la nostra nazione.

crash25

giovedì 16 ottobre 2008

Leggi ad personam

È ormai risaputo che nelle legislazioni passate, ma anche in quella attuale, siano stati proposti e approvati provvedimenti di legge o atti a essa equiparati, contestati in quanto sembrano stati emanati col preciso intendo di favorire determinate persone (il più delle volte lo stesso Silvio Berlusconi).Alcuni esempi posso rendere meglio l’idea di quanto detto: la depenalizzazione del falso in bilancio, la legge sulle rogatorie, le riduzioni dei termini di prescrizione. Questi provvedimenti che talvolta hanno tutte le carte in regola per darci un’idea del modo quasi personalistico di come viene gestito il potere, non sono sotterfugi per i quali ci sia bisogno di entrare nei meandri dei provvedimenti, emendamenti ecc. per rintracciarli: bene o male la popolazione ne è al corrente, anche se grazie più ad alcuni singoli giornalisti che all’informazione pubblica.Tuttavia più che fare un’analisi tecnica di questi provvedimenti vorrei cercare di focalizzare l’attenzione su come essi sono stati recepiti dall’elettorato.Sarà per la mia ingenuità, ma quando sentivo in giro che alcuni giustificavano l’efficacia di queste leggi, pensavo che fosse per una mancanza di informazioni a riguardo, invece ho notato che spesso non è così:la gente conosce quali sono gli effetti delle leggi blocca processi, della riduzione delle prescrizioni ecc. e arriva a giustificare un capo di governo che fa “il suo interesse” nel ruolo in cui si trova.Tutto ciò è simbolo della degenerazione del termine “politica”: l’uomo comune possiede una sempre più generalizzata concezione “privatistica” della politica nel senso che l’elettore appoggia, giustifica e vota colui che fa il suo proprio interesse economico. Non è tutto: ultimamente, l’uomo comune è arrivato a giustificare che nella politica tutti facciano solo il proprio interesse e non quello di una collettività, per questo si pensa che Berlusconi sia legittimato a tutelarsi sfruttando il posto che ricopre. Siamo arrivati a quello che non posso far altro che definire come un “egoismo altruista”: per quanto possa apparire paradossale il radicarsi della concezione privatistica in ambito economico e politico nonché sociale, sta portando la popolazione a chiudersi, a fare solo il proprio interesse, ad appoggiare posizioni sempre più conservatrici, ad asserragliarsi nel bisogno di sicurezza tanto da giustificare tutti a pensarla così. Sicuramente anche la sinistra ha le sue colpe, tornando all’esempio che ho fatto all’inizio, è noto che l’opposizione non è mai riuscita, nemmeno quando poi è andata a governare, a porre un freno a questa degenerazione; emblematico è il caso del provvedimento sul conflitto di interessi che ancora non è stato emanato, ma non solo: talvolta alcuni esponenti della sinistra hanno collaborato nel proporre simili oscenità giuridiche. Non possiamo far altro che guardare in faccia la realtà, visto che alla base di tutto ciò, si ripresenta inevitabilmente il perduto contatto con le masse, è certo che una eventuale legge che fermasse il proliferare di questi atti ad personam sarebbe stata ed è tutt’ora necessaria. Per far si che sia la stessa popolazione a mostrare il proprio dissenso è necessario andare alla base del problema, risolvere anche le questioni legate al lavoro, dare risposte concrete a chi ha bisogno che una parte politica li rappresenti concretamente.

Così facendo si potrebbe ricreare quella base sociale militante che, quando c’è bisogno di lottare (e di ricordare che in un paese democratico non è accettabile che un capo di governo con atti di diritto pubblico, risolva questioni private) ti segua in massa e, allora qualcosa potrebbe cambiare.

Asesino

Gladio

In questo numero vi voglio parlare di un organizzazione clandestina di cui molti non conoscono l'esistenza , il suo nome è Gladio.

Essa è stata attiva praticamente in tutti i paesi dell'Europa occidentale ma lo è stata ancor di più nel nostro paese.

Con la fine della seconda guerra mondiale e l'inizio della guerra fredda gli Stati Uniti temevano che l'Unione Sovietica potesse esportare il suo modello di stato nel resto d'Europa, così fù creata Gladio.

Tale organizzazione non si limitava solamente allo spionaggio, ma avrebbe compiuto anche attentati e simili operazioni rivendicate sotto falsa bandiera per fomentare divisioni politiche e attacchi terroristici.

Personaggi chiave nell'organizzazione furono Gehlen Org un'ex criminale nazista (e di tali individui la Gladio era piena) e Allen Dulles fondatore della Cia che avrebbe finanziato l'organizzazione.

Nel nostro paese Gladio arriva nel 1956 grazie ad un intesa fra i servizi segreti italiani e statunitensi , compito dell'organizzazione nel nostro paese era far si che il comunismo non arrivasse mai al governo.

Tale organizzazione è rimasta nascosta fino alla caduta dell' Unione Sovietica, difatti nel 1990 Giulio Andreotti rivelò alla Camera dei Deputati l'esistenza di Gladio , di cui egli conosceva l'esistenza in quanto tutelava la sua forza politica dal comunismo.

Successivamente Luigi Tagliamonte,capo dell’ufficio programmazione e bilancio del comando generale dell’Arma dei Carabinieri dichiarò « Sapevo che presso il Cag (il Centro addestramento guastatori di Punta Poglina vicino a Capo Marrargiu - Alghero SS) si effettuavano dei corsi di addestramento alla guerriglia, al sabotaggio, all’uso degli esplosivi al fine di impiegare le persone addestrate in caso di sovvertimenti di piazza, in caso che il PCI avesse preso il potere ».

Sicuramente quanto afferma Tagliamonte è gravissimo; il Pci sarebbe stato danneggiato se fosse arrivato al potere, e chissà se anche in Italia non siano stati organizzati attentati sotto falsa bandiera allo scopo di mettere in cattiva luce il comunismo, non sarebbe scandaloso pensare che qualcuno degli episodi degli anni di piombo fosse riconducibile a tale movimento, d'altronde su tali episodi ci sono mille misteri e cose che tornano decisamente poco.

Tale tesi potrebbe essere supportata dal fatto che Antonino Arconte (ex membro di Gladio) nel suo libro “L’ultima missione” arriva a dichiarare "Chi dava gli ordini al comandante di Gladio era Aldo Moro, ed è stato ammazzato, ma pochi mesi prima di farlo hanno destituito il nostro generale Miceli. Solo una coincidenza? E a noi, una volta entrati in possesso dei nostri codici, proprio in quel periodo ci mandavano in giro in missioni senza senso, solo per farci ammazzare, per eliminarci. ".

Ora non è mia intenzione prendere per buono tutto ciò che dice Arconte (che sembra conoscere tutte le questioni del mondo da quello che dice) però quel che è certo è che tale organizzazione nel nostro paese abbia avuto un ruolo molto più rilevante di quanto pensiamo e il Pci o comunque chi la pensa come noi sia stato ampiamente danneggiato da ciò che tale organizzazione faceva o chissà magari fa ancora.


M.

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