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lunedì 28 aprile 2008

Otto per mille a chi??? Cosa si cela dietro al contributo della Chiesa Cattolica

Per la dichiarazione dei redditi il cittadino può decidere di devolvere una quota (l’ot­to per mille) alle confessioni religiose. Anche se solo un terzo degli italiani deci­de di donarla, la Chiesa Cattolica riceve circa l’85% delle donazioni (anche quelle di chi decide di lasciare tutto allo Stato), perché l’articolo 47 della legge n. 222 del 20 maggio 1985 recita:<>. Considerato che la maggioranza opta per la Chiesa, anche chi non esprime alcuna scelta vedrà l’otto per mille del suo reddito finire nelle tasche di vescovi, cardinali, ecc ecc…

La cifra gua­dagnata ammonta a circa un MILIARDO di euro (si, 1.000.000.000 di €) e soltanto il 20% di questa viene destinata alle opere di bene (quelle che vediamo nelle pubbli­cità, “Il tuo aiuto andrà dove c’è bisogno di aiuto”), mentre al sostentamento del clero va il 34% (non ci vuole una calcola­trice per capire che sono 340 milioni di euro) mentre i restanti 46% percento vanno alle “esigenze di culto” (forse la papa-mobile, chi lo sa?). Consideran­do che siamo anche l’unico paese in Europa a non far pagare l’ICI agli edifici cattolici, questi soldi potrebbero es­sere usati per ridurre l’ICI sulle case di quelli che lavorano davvero (vero Rutelli e Berlusconi). Tazza

giovedì 24 aprile 2008

Genova, Luglio 2001 Come il governo Berlusconi svelò il suo volto

Innanzitutto dovrò ricordare che nulla di quanto accadde nelle giornate di Genova, nel 2001, fù inaspettato. Alla vigilia di quegli avvenimenti, temevamo addirittura di peggio. La città venne blindata con largo anticipo, e, in particolare venne fortificata con barricate di containers la "zona rossa", quella dove si sarebbero tenuti i colloqui del G8. Le delegazioni avrebbero dormito su una nave, per sicurezza. Non ci fu solo il ridicolo divieto di stendere i panni al sole, ma anche la proccupante preparazione di un'ospedale da campo. Le comunicazioni ferroviarie tra la città e il resto d'Italia, vennero rese più difficoltose possibile, per scoraggiare il massimo numero possibile di manifestanti.

I fatti si articolarono su 3 giornate. Nella prima giornata, il giovedì 19, le contromanifestazioni si svolsero in maniera sostanzialmente tranquilla, il grosso dei manifestanti (tra i quali anche io)doveva ancora arrivare.

Per il venerdì 20 i sindacati di base avevano proclamato uno sciopero generale contro il G8. Mi misi in viaggio nel primo pomeriggio, ma l'assenza di treni diretti mi costrinse a dover fare il viaggio a tratte. Gli unici collegamenti ferroviari diretti erano dei treni speciali per i manifestanti, ma il primo sarebbe partito solo l'indomani. Firenze-Pisa, quindi, dopo una discreta attesa, Pisa- Sestri Levante, ultima stazione raggiungibile con i treni ordinari. A Sestri Levante, le ferrovie misero a disposizione dei viaggiatori una navetta speciale, ma solo fino a Nervi. A Nervi, fui costretto a dover rintraccciare un'autobus extraurbano fino a Genova. Arrivai in piazza Kennedy (che era uno dei ritrovi dei manifestanti sul lungomare) in tarda serata. Gli attivisti che erano lì, mi parlarono degli scontri della giornata. Mi dissero che la polizia aveva sparato; c'era addirittura chi parlava di 5-6 morti.

Passammo la notte sotto la continua sorveglianza di elicotteri della polizia con riflettori.
L'indomani, verso mezzogiorno, cominciò a snodarsi la prevista manifestazione, sul lungomare. Le stime sulla partecipazione in seguito parlarono di 300.000 persone, ed in effetti era difficile capire dove finisse il corteo. Genova non è una città costruita su un terreno piano; alcuni tratti rimangano sensibilmente rialzati rispetto al resto. Arrivai in uno di questi; dove il litorale forma un piccolo promontorio, noto come "Punta Vagno". Sulla strada a quell'altezza, potei vedere la testa del corteo, circa 1 km più avanti, fatta segno di un cospicuo lancio di lacrimogeni. Ne seguì la fumata nera degli incendi.

La carica delle forze dell'ordine cominciò quindi a risalire il corso del corteo. Le strade laterali erano bloccate da altri agenti. Dopo poco cominciarono anche a farsi vedere degli elicotteri, dai quali venivano lanciati lacrimogeni. Una buona parte dei manifestanti, intorno a me, optò per la resistenza passiva, ovvero si misero a sedere per terra, gambe incrociate e mani alzate. Ma, mentre il momento dello scontro si avvicinava, io e il gruppetto a cui mi ero aggregato, decidemmo che la soluzione migliore era spostarsi il più possibile fuori della strada. Arrivammo quasi fin sulla scogliera; il mare era presidiato da barche della polizia, e molti manifestanti cercavano di fuggire lungo gli scogli. Tornammo indietro: la carica era passata, tutta la strada era completamente insozzata di sangue. Alcuni manifestanti venivano portati via in barella. Alcuni di loro erano quelli che avevano scelto la resistenza passiva. Non era possibile fermarsi: alcuni agenti erano rimasti lì, e non lo permettevano. Pensammo di incamminarci verso la piazza dove era in origine previsto l'arrivo della manifestazione. Lungo la strada assistemmo da lontano a vari scontri, in particolare la stazione ferroviaria di Brignole (punto di arrivo dei treni speciali) era teatro di violenze. Passammo anche da piazza Alimonda, dove il giorno prima era morto Carlo Giuliani. I nostri vagabondaggi terminarono nei pressi di piazza Galileo Ferraris, dove incontrammo un torrente di gente che ne usciva. Da lì mi incamminai per tornare a casa.
Personalmente ritengo che sia oltre ogni ragionevole dubbio che, con tali premesse, e con tali azioni da parte della polizia, gli scontri, le violenze , anche il morto, siano stati cercati e voluti "a priori"dall'alto. Anche i cosiddetti "black-block" potevano essere fermati senza dover caricare indiscriminatamente tutti. Che poi il suddetto “blocco” fosse infiltrato da parte di chi doveva mantenere l'ordine, ormai è ampiamente provata... Tutti gli ufficiali delle forze dell'ordine, partecipi delle violenze di Genova, inoltre, sono stati in seguito promossi. Molte responsabilità politiche di quei fatti, richiedono una riflessione; ad esempio il ruolo di Fini, in quei giorni istallatosi nella centrale operativa dei carabinieri.
Gianluca Angeli

mercoledì 23 aprile 2008

ANTIPOLITICA

L’Italia in passato aveva sempre avuto una non sminuibile qualità: la partecipazione consistente della popolazione alla vita politica del paese, ad esempio nella notevole affluenza alle urne quando questa era chiamata ad esprimersi.

Adesso potremo dire lo stesso? Certo non siamo arrivati a livelli particolarmente allarmanti come nel caso degli USA, ma comunque quanto basta per portarci ad una riflessione seria.

Questi dati a volte ci portano appunto a dare uno sguardo alla realtà che ci circonda, non è infatti un tabù il parlare recentemente di una diffusa sfiducia nei confronti della politica.

Tuttavia viene da chiedersi se questo sentimento diffuso soprattutto tra i giovani sia così giustificabile, ma anche se, in fondo, questi si siano posti seriamente il problema su cosa esso significhi.

Sempre molto più frequentemente se a uno chiedi “ma te per chi voteresti ora come ora?” ti senti rispondere “ non me ne intendo di politica, non mi interessa, per me sono tutti uguali!”

A volte può essere che questo tipo di commento sia frutto di una posizione ragionata, prodotto da una riflessione attenta, ma più spesso sono dell’idea che la principale causa è la pigrizia intellettuale, se una persona leggesse ogni tanto un giornale, o almeno vedesse almeno un telegiornale nella giornata (anche se in questo caso ci sarebbe da discutere per quanto riguarda la qualità dell’informazione) avrebbe già un materiale minimo per poter maturare una dignitosa opinione politica. Ma invece l’uomo moderno ha ben altri interessi; alcuni importanti certo ma altri decisamente futili.

Ma il sacrificio minimo richiesto per sapere e eventualmente cambiare ciò che ci sta intorno appare talvolta insostenibile; almeno su molte cose di cui uno, diciamo per scelta, rifiuta di informarsi dovrebbe essere coerente con se stesso ed essere consapevole di non poter ritenere un proprio eventuale giudizio immediato e superficiale come indiscutibile.

Dico questo perché non è affatto raro il contrario, e a questo proposito penso che concorra un altro elemento che a mio avviso può essere definito come una concezione sempre più privatistica della politica.

Mi spiego meglio: si tende sempre di più a dare solo importanza a come la politica interviene nell’immediato e nel concreto della sfera privata di ognuno, diventa sempre più raro un ragionamento più ampio e di lungo periodo.

Alcuni esempi concreti: è noto che il popolo italiano si surriscalda decisamente appena si tocca l’argomento “tasse” a volte per validi motivi, ma a volte senza neanche porsi il problema dell’entità e di chi viene nei fatti colpito ecc. Ancora: la scuola italiana si rivela sempre più inefficiente e gli studenti tra i più lavativi, si tenta dunque di reintrodurre varie forme di meritocrazia (termine che suona sempre così male) per quanto riguarda ad esempio i famigerati debiti, e subito ci si scalda.

Indubbiamente già il fatto di “scaldarsi” o “allarmarsi” è già più che subire il tutto con passività e indifferenza, ma a mio avviso bisognerebbe anche chiedersi che se non si fa un po’ di selezione, come si può incentivare gli studenti allo studio? Migliorando tra l’altro i recenti metodi aziendali di concepire la scuola; e poi se non vogliamo mai pagare qualcosa in più, ma è più appropriato il termine “contribuire”, poi decadiamo dal diritto di essere sempre così cinici e duri con la sanità, la scuola e più in generale verso la pubblica amministrazione.

Sia chiaro, non è che la colpa sia solo della cittadinanza italiana, sicuramente lo è anche il sistema italiano in se e per se, non è un segreto la nota inefficienza della macchina burocratica nazionale, ma ancora l’esempio più eclatante rimane il degenero che ha sicuramente avuto la nostra classe politica del quale spesso non si riesce a capire il ruolo.

Ma modificare il complesso e far funzionare meglio tutto il cosiddetto “sistema” non vuol dire forse fare politica? Non è forse che andando a fondo delle problematiche si possa trovare una soluzione?

Pare che questo ragionamento secondo me sillogistico non si sia ancora compreso, e non accenniamo a comprenderlo.

Viene dunque da porsi il problema di come risolvere appunto questo sempre maggiore rapporto tra la popolazione e la politica.

Ultimamente sono uscite alcune ipotesi dal lato della politica, un esempio estremamente recente è sicuramente il caso Grillo il quale solleva una proposta che sembrava concreta: una diffusa raccolta di firme per proporre una petizione per “buttare fuori” i politici pregiudicati dal parlamento e migliorare in senso più diretto il sistema elettorale.

La proposta ha fatto scalpore; essa suonava ripeto di concreto. La raccolta di firme va meglio del previsto (io stesso ho firmato) ci si aspetta un qualcosa, ma che inevitabilmente non arriva.

La massa che pareva carica di buoni propositi si ripresenta ancora come il noto “Volgo” che abbaia ma alla fine non morde.

I media trattano poco della vicenda, i politici mettono la petizione tra le altre migliaia che arrivano al parlamento, la massa partecipante non si cura di chiedersi il perché non ha funzionato, Grillo fa altre dichiarazioni come per esempio su eventuali liste civiche che a mio avviso sono discutibili, e tutto finisce nell’oblio generale, finendo tra l’altro per danneggiare e creare astensionismo in certi ambiti della popolazione, prevalentemente di sinistra, che maggiormente aveva prestato ascolto.

Tra l’altro la soluzione proposta toccava solo il lato del potere costituito della politica, nelle sue istituzioni, non accennava un rimedio alla coscienza politica degli individui, e adesso ci ritroviamo nuovamente punto e a capo, con sempre più astensionismo e antipolitica diffusa.

asesino



sabato 5 aprile 2008

“Il Grande Dittatore”

Mi dispiace ma io non voglio fare l’imperatore,non è il mio mestiere..non voglio governare ne conquistare nessuno. Voglio aiutare tutti se è possibile ebrei ariani uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l’un l’altro. In questo mondo c’è posto per tutti, la natura è ricca, è sufficiente per tutti noi. La vita può essere felice e magnifica..ma noi l’abbiamo dimenticato. L’avidità ha avvelenato i nostri cuori,ha precipitato il mondo nell’odio, ci ha condotti a passo d’oca alle cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell’abbondanza ci ha dato povertà, la scienza ci ha trasformato in cinici, l’abilità ci ha reso duri e cattivi. Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari ci serve umanità, più che abilità ci serve bontà e gentilezza: senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L’aviazione e le radio hanno riavvicinato le genti, la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà dell’uomo, richiama la fratellanza universale, l’unione dell’umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono io dico: non disperate. L’avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l’amarezza degli uomini che temono le vie del progresso umano, l’odio degli uomini che scompare assieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo … ritornerà al popolo. E qualsiasi mezzo usino la libertà non potrà mai essere oppressa. Soldati non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un’anima, uomini macchina con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, non siete bestie, siete uomini. Voi avete l’amore dell’umanità nel cuore, voi non odiate coloro che odiano, solo quelli che non hanno l’amore altrui. Soldati, non difendete la schiavitù, ma la libertà. Ricordate, nel vangelo di san Luca è scritto che il regno di Dio è nel cuore dell’uomo, non di un solo uomo, non di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini… Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza per far si che la vita sia bella e libera, di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi in nome della democrazia usiamo questa forza, uniamoci tutti. Combattiamo per un mondo nuovo, che sia migliore, che dia a tutti gli uomini lavoro, ai giovani un futuro e ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere. Mentivano, non hanno mantenuto queste promesse e mai lo faranno. I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse, combattiamo per liberare il mondo eliminando confini e barriere, eliminando la viltà, l’odio e l’intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole, dove la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati in nome della democrazia siate tutti uniti!!!!”

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