L’Italia in passato aveva sempre avuto una non sminuibile qualità: la partecipazione consistente della popolazione alla vita politica del paese, ad esempio nella notevole affluenza alle urne quando questa era chiamata ad esprimersi.
Adesso potremo dire lo stesso? Certo non siamo arrivati a livelli particolarmente allarmanti come nel caso degli USA, ma comunque quanto basta per portarci ad una riflessione seria.
Questi dati a volte ci portano appunto a dare uno sguardo alla realtà che ci circonda, non è infatti un tabù il parlare recentemente di una diffusa sfiducia nei confronti della politica.
Tuttavia viene da chiedersi se questo sentimento diffuso soprattutto tra i giovani sia così giustificabile, ma anche se, in fondo, questi si siano posti seriamente il problema su cosa esso significhi.
Sempre molto più frequentemente se a uno chiedi “ma te per chi voteresti ora come ora?” ti senti rispondere “ non me ne intendo di politica, non mi interessa, per me sono tutti uguali!”
A volte può essere che questo tipo di commento sia frutto di una posizione ragionata, prodotto da una riflessione attenta, ma più spesso sono dell’idea che la principale causa è la pigrizia intellettuale, se una persona leggesse ogni tanto un giornale, o almeno vedesse almeno un telegiornale nella giornata (anche se in questo caso ci sarebbe da discutere per quanto riguarda la qualità dell’informazione) avrebbe già un materiale minimo per poter maturare una dignitosa opinione politica. Ma invece l’uomo moderno ha ben altri interessi; alcuni importanti certo ma altri decisamente futili.
Ma il sacrificio minimo richiesto per sapere e eventualmente cambiare ciò che ci sta intorno appare talvolta insostenibile; almeno su molte cose di cui uno, diciamo per scelta, rifiuta di informarsi dovrebbe essere coerente con se stesso ed essere consapevole di non poter ritenere un proprio eventuale giudizio immediato e superficiale come indiscutibile.
Dico questo perché non è affatto raro il contrario, e a questo proposito penso che concorra un altro elemento che a mio avviso può essere definito come una concezione sempre più privatistica della politica.
Mi spiego meglio: si tende sempre di più a dare solo importanza a come la politica interviene nell’immediato e nel concreto della sfera privata di ognuno, diventa sempre più raro un ragionamento più ampio e di lungo periodo.
Alcuni esempi concreti: è noto che il popolo italiano si surriscalda decisamente appena si tocca l’argomento “tasse” a volte per validi motivi, ma a volte senza neanche porsi il problema dell’entità e di chi viene nei fatti colpito ecc. Ancora: la scuola italiana si rivela sempre più inefficiente e gli studenti tra i più lavativi, si tenta dunque di reintrodurre varie forme di meritocrazia (termine che suona sempre così male) per quanto riguarda ad esempio i famigerati debiti, e subito ci si scalda.
Indubbiamente già il fatto di “scaldarsi” o “allarmarsi” è già più che subire il tutto con passività e indifferenza, ma a mio avviso bisognerebbe anche chiedersi che se non si fa un po’ di selezione, come si può incentivare gli studenti allo studio? Migliorando tra l’altro i recenti metodi aziendali di concepire la scuola; e poi se non vogliamo mai pagare qualcosa in più, ma è più appropriato il termine “contribuire”, poi decadiamo dal diritto di essere sempre così cinici e duri con la sanità, la scuola e più in generale verso la pubblica amministrazione.
Sia chiaro, non è che la colpa sia solo della cittadinanza italiana, sicuramente lo è anche il sistema italiano in se e per se, non è un segreto la nota inefficienza della macchina burocratica nazionale, ma ancora l’esempio più eclatante rimane il degenero che ha sicuramente avuto la nostra classe politica del quale spesso non si riesce a capire il ruolo.
Ma modificare il complesso e far funzionare meglio tutto il cosiddetto “sistema” non vuol dire forse fare politica? Non è forse che andando a fondo delle problematiche si possa trovare una soluzione?
Pare che questo ragionamento secondo me sillogistico non si sia ancora compreso, e non accenniamo a comprenderlo.
Viene dunque da porsi il problema di come risolvere appunto questo sempre maggiore rapporto tra la popolazione e la politica.
Ultimamente sono uscite alcune ipotesi dal lato della politica, un esempio estremamente recente è sicuramente il caso Grillo il quale solleva una proposta che sembrava concreta: una diffusa raccolta di firme per proporre una petizione per “buttare fuori” i politici pregiudicati dal parlamento e migliorare in senso più diretto il sistema elettorale.
La proposta ha fatto scalpore; essa suonava ripeto di concreto. La raccolta di firme va meglio del previsto (io stesso ho firmato) ci si aspetta un qualcosa, ma che inevitabilmente non arriva.
La massa che pareva carica di buoni propositi si ripresenta ancora come il noto “Volgo” che abbaia ma alla fine non morde.
I media trattano poco della vicenda, i politici mettono la petizione tra le altre migliaia che arrivano al parlamento, la massa partecipante non si cura di chiedersi il perché non ha funzionato, Grillo fa altre dichiarazioni come per esempio su eventuali liste civiche che a mio avviso sono discutibili, e tutto finisce nell’oblio generale, finendo tra l’altro per danneggiare e creare astensionismo in certi ambiti della popolazione, prevalentemente di sinistra, che maggiormente aveva prestato ascolto.
Tra l’altro la soluzione proposta toccava solo il lato del potere costituito della politica, nelle sue istituzioni, non accennava un rimedio alla coscienza politica degli individui, e adesso ci ritroviamo nuovamente punto e a capo, con sempre più astensionismo e antipolitica diffusa.
asesino
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